Era il 15 settembre 2001, Alex Zanardi conduce la gara di
EuroSpeedway Lausitz a soli 13 giri dalla conclusione; effettuato con successo
un pit stop per un rabboccamento di carburante si riimmette in pista e,
probabilmente per la presenza di olio sull'asfalto, perde improvvisamente il
controllo della vettura. Dopo aver effettuato un testacoda senza conseguenze
rientra in pista e viene colpito trasversalmente dalla vettura di Alex
Tagliano: la macchina di Zanardi viene troncata di netto in due parti. La gara
viene immediatamente sospesa, il pilota italiano, sin dall'arrivo dei soccorsi,
versa in situazione critiche. Il cappellano del circuito - Zanardi lo ricorderà spesso - gli amministra l'estrema unzione con l'olio del motore
della sua stessa macchina. Alex rimane diverse ore con un solo litro di sangue
in corpo. Per due settimane rimane in coma farmacologico. Ma miracolosamente
sopravvive.
Ogni volta che parla di quel terribile giorno di metà settembre di oltre dieci anni fa lo fa con il sorriso sulle labbra,
e non dice di essere stato vittima di un incidente, perché in fondo non è stata che un'opportunità, un'opportunità di conoscere il mondo da un altro punto di vista, un'opportunità per nuovi orizzonti e nuove sfide.
Ha partecipato per la prima volta alle Paraolimpiadi con uno sport
pensato appositamente per atleti disabili, lui che, dopo l'incidente è tornato a completare quella maledetta gara iniziata e mai finita
nel 2001: era il 2003 e Zanardi tornò sul circuito tedesco per
concludere simbolicamente la gara percorrendo i rimanenti 13 giri, con tempi
talmentr bassi da poter collocarsi fra i primi 5 piloti
"normodotati".
"Ciò che non uccide
fortifica" diceva Nietzsche. E non aveva visto Zanardi. Una forza della
natura, un esempio di cui andare orgogliosi nel mondo, un uomo che ha vissuto
un dramma e ne ha fatto una ragione di vita, una persona che trasmette
positività solo dallo sguardo. E anche - lasciatemelo dire
con un pizzico di patriottismo - un italiano vero.