Popolo Italiano: corri alle armi!


Il discorso in analisi è di una tale notorietà che appare superflua ogni precisazione cronologico - temporale se non semplicemente luogo e giorno: Roma, Piazza Venezia, 10 giugno 1940. L’Italia non sarà mai più la stessa dopo questa data, né mai più vedrà una tale partecipazione popolare a decisioni politiche. Il Duce parla alla Nazione, Piazza Venezia è gremita, si riempiono centinaia di piazze in tutto il Paese dove grazie alla radio le parole di Mussolini poterono risuonare anche a centinaia di chilometri di distanza.La decisione di entrare in guerra era stata presa nei giorni immediatamente precedenti e gli italiani ne erano certamente a conoscenza: nonostante ciò furono milioni e milioni le persone che ascoltarono con il cuore in gola il messaggio del Capo del Governo, comprese migliaia di emigrati oltreoceano; la prima figura ad apparire sul celebre balcone non è però quella di Mussolini, bensì quella di Ettore Muti, segretario di Partito, che saluta il Duce.

L’esordio è uno dei più classici dei discorsi di età fascista, ed è rappresentato dalla nazionalistica elencazione dei destinatari del discorso: “Combattenti di terra, di mare e dell'aria, Camicie nere della Rivoluzione e delle Legioni, uomini e donne d'Italia, dell'Im­pero e del Regno d'Albania, ascoltate!”. Secondo Mussolini l’entrata in guerra dell’Italia non è altro che il compimento inevitabile del destino: “Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra Patria. L'ora delle decisioni irrevocabili” afferma, lasciando quasi trasparire il topos classico dell’ineluttabilità di un fato che sovrasta tanto l’uomo quanto le sue volontà. I nemici di questa nuova terribile guerra sono i nemici di sempre del popolo italiano, che “in ogni tempo hanno osta­colato la marcia e, spesso, insidiato l'esistenza medesima del Popolo italiano”; e tuttavia ciò non rappresenta alcun alibi né sufficiente giustificazione per desistere da una politica di pace e diplomazia nei rapporti internazionali. “La nostra coscienza è assolutamente tranquilla”, perché l’Italia ha fatto di tutto per evitare inutili spargimenti di sangue. Per evitare ciò - secondo Mussolini - era sufficiente dare ascolto alle richieste di Hitler del 6 ottobre 1939, con le quali il Terzo Reich chiedeva di vedersi riconosciute le annessioni ottenute con la Campagna di Polonia.

Il rifiuto da parte di quelle “democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente” contro le quali scendeva in guerra l’Italia, non è altro che il concretizzarsi dell’inevitabile attuazione della storia che ha oramai allontanato ogni possibile scusante per sottrarsi ai “rischi ed i sacrifici di una guerra”.

La guerra è un impegno che assume aspetti sacri di quella religione di Stato che era la devozione ai Fasci: come ogni religione che si rispetti essa ha una morale, che Mussolini ostenta orgogliosamente quando afferma di intervenire al fianco dell’amico Hitler, memore della sua visita a Berlino del 28 settembre 1937: “secondo le leggi della morale fascista, quando si ha un amico si marcia con lui fino in fondo. Questo abbiamo fatto e faremo con la Germania, col suo Popolo, con le sue meravigliose forze armate”. Non poteva mancare infine un appello al “Re Imperatore che, come sempre, ha interpretato l'anima della Patria, [...] e il Fuhrer, il Capo della grande Germania alleata”.

Se - come detto - questo discorso non necessita di collocazione storica per via della sua fama, non vi è alcun bisogno per commentare la chiusa che, più di ogni altro passo, è rimasto scolpito - nel bene o nel male - nelle menti e nei cuori di tanti italiani: “La parola d'ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all'Oceano Indiano: Vincere! E vinceremo. Per dare finalmente un lungo periodo di pace con giustizia all'Italia, all'Europa, al mondo. Popolo italiano: corri alle armi, e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!”.

TESTO INTEGRALE

"Combattenti di terra, di mare e dell'aria, Camicie nere della. Rivoluzione e delle Legioni, uomini e donne d'Italia, dell'Im­pero e del Regno d'Albania, ascoltate!

Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra Patria. L'ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia.

Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che, in ogni tempo, hanno osta­colato la marcia e, spesso insidiato l'esistenza medesima del Popolo italiano.

Alcuni lustri della storia più recente si possono riassumere in queste frasi: promesse, minacce, ricatti e, alla fine, quale coronamento dell'edificio, l'ignobile assedio societario di cin­quantadue Stati.

La nostra coscienza è assolutamente tranquilla. Con voi il mondo intero è testimone che l'Italia del Littorio ha fatto quanto era umanamente possibile per evitare la tormenta che sconvolge l'Europa, ma tutto fu vano.

Bastava rivedere i trattati per adeguarli alle mutevoli esigenze della vita delle Nazioni e non considerarli intangibili per l'eternità. Bastava non iniziare la stolta politica delle garan­zie, che si è palesata sopratutto micidiale per coloro che le hanno accettate.

Bastava non respingere la proposta che il Fuhrer fece il 6 ot­tobre dell'anno scorso, dopo finita la campagna di Polonia. Ormai tutto ciò appartiene al passato.

Se noi oggi siamo decisi ad affrontare i rischi ed i sacrifici di una guerra, gli è che l'onore, gli interessi, l'avvenire fer­reamente lo impongono, poiché un grande popolo è veramente tale se considera sacri i suoi impegni e se non evade dalle prove supreme che determinano il corso della storia.

Noi impugniamo le armi per risolvere, dopo il problema risolto delle nostro frontiere continentali, il problema delle nostre frontiere marittime. Noi vogliamo spezzare le catene di ordine territoriale e militare che ci soffocano nel nostro mare, poiché un popolo di 45 milioni di anime non è veramente libero se non ha libero accesso all'oceano.

Questa lotta gigantesca non è che una fase e lo sviluppo logico della nostra Rivoluzione; è la lotta dei popoli poveri e nume­rosi dl braccia contro gli affamatori che detengono ferocemente Il monopolio di tutte le ricchezze e di tutto l'oro della terra; è la lotta dei popoli fecondi e giovani contro i popoli isteriliti e volgenti al tramonto; è la lotta tra due secoli e due idee.

Ora che i dadi sono gettati e la nostra volontà ha bruciato alle nostro spalle i vascelli, io dichiaro solennemente che l'Italia non intende trascinare nel conflitto altri popoli con essa confi­nanti per mare o per terra; Svizzera, Jugoslavia, Grecia, Tur­chia, Egitto prendano atto di queste mie parole e dipende da loro o soltanto da loro, se esse saranno o no rigorosamente confermate. 

Italiani!

In mia memorabile adunata, quella di Berlino, io dissi che secondo le leggi della morale fascista, quando si ha un amico si marcia con lui fino in fondo. Questo abbiamo fatto e faremo con la Germania, col suo Popolo, con le sue meravigliose forze armate.

In questa vigilia di un evento di portata secolare rivolgiamo il nostro pensiero alla Maestà del RE Imperatore che, come sempre, ha interpretato l'anima della Patria. E salutiamo alla voce Il Fuhrer, il Capo della grande Germania alleata.

L’Italia, proletaria e fascista, è per la terza volta in piedi, forte, fiera e compatta come non mai. La parola d'ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all'Oceano Indiano: Vincere! E vinceremo. Per dare finalmente un lungo periodo di pace con giustizia all'Italia, all'Europa, al mondo.

Popolo italiano: corri alle armi, e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!”

Video del discoso di Benito Mussolini a Piazza Venezia il 10 giugno 1940 con commento del'Istituto Luce