Barack, Michelle e Bill: in tre per una speranza



Tutti gli stati democratici chiedono ai propri cittadini di esercitare il diritto di voto per esprimere preferenze sulle cariche politiche; tutti gli stati democratici hanno delle elezioni, ma solo uno ha delle elezioni che decidono le sorti dell'intero paese, gli Stati Uniti d'America.
Il grande interesse per le presidenziali francesi che hanno portato Hollande a scalzare Sarkozy dall'Eliseo non può minimamente reggere il confronto con quello dimostrato dai media di tutto il mondo nei confronti della sola campagna elettorale delle elezioni negli States.
Il presidente Obama ha accettato la settimana scorsa la nomination democratica, chiedendo agli Americani altri 4 anni per dimostrare che il cambiamento di cui ha bisogno l'America è veramente possibile: "Hope and charge" il suo slogan, ripreso dal 2008, ovvero "fede e speranza". Speranza e convinzione che lo sforzo comune e la condivisione di responsabilità che Roosevelt insegnò agli americani per uscire dalle pesanti paludi della depressione degli anni '30 rappresenti ancora oggi l'unica via d'uscita dalla crisi economica.
Convinzione allo stesso tempo che l'alternativa repubblicana non fa altro che ripetere meccanicamente le stesse idee da oltre trenta anni, divenendo così anacronistica e inaffidabile. La scelta dunque del 45o presidente degli USA sarà, come tutte le decisioni della politica statunitense nei prossimi anni, una decisiva scelta per il futuro, fatta di tante piccole e grandi scelte su economia, istruzione, sanità, lavoro, debito, energia, guerra, diplomazia, tasse e chi più ne ha più ne metta.
La campagna elettorale di Obama, in parte giocata dalla moglie e da Clinton alla convention democratica, punta a conquistare la simpatia ed i voti della classe media, di cui Michelle dice di conoscere molto bene il sogno, il famoso "sogno americano". La first lady ha voluto sottolineare che il marito è partito da una famiglia modesta, indebitandosi per studiare e, una volta riuscito a cogliere l'opportunità offertagli dalla sorte, non si chiude la porta del cambiamento alle spalle, ma la tiene aperta porgendo la mano a chi lo segue. Sta adesso ad Obama convincere gli Americani a tenergli ancora aperta la porta della Casa Bianca.