Sanremo: quando finisce?



Stasera inizierà Sanremo e speriamo finisca presto. Oppure che lo facciano pure durare, se credono: tanto, come penso molti, non lo guarderò. Per più ragioni. Anzitutto perché mi piace la canzone italiana; a chi mediamente segue ed organizza il Festival invece no, altrimenti non si spiegherebbe il trattamento riservato ai più bei brani degli ultimi trent’anni, da Almeno tu nell’universo di Mia Martini (1947-1995) – “premiata” con un desolante nono posto nel 1989 – aVita spericolata di Vasco Rossi, classificatasi penultima nel 1983.

Una seconda ottima ragione per non guardare Sanremo – non scrivo boicottare perché il boicottaggio richiede pur sempre un atto volontario, quasi uno sforzo, mentre la kermesse non merita che una sovrana indifferenza – è il fatto che, oltre a non premiare le canzoni migliori, sul palco ospitano i peggiori. Come quel tale, Rufus Wainwright, “artista” noto per l’esecuzione di testi come “Gay Messiah”, in cui si parla del «Messia che risusciterà da un film porno degli anni ‘70» e del «Battista» che «non viene battezzato nello sperma»: un soggetto simile merita pochi ascolti e tantissime preghiere.

Patti Lateranensi: le nozze senza amore tra il duce e il papa

Ci sposiamo senza amarci. Ci separeremo al più presto.” Così Don Primo Mazzolari, il profetico parroco di Bozzolo, commentò il Concordato firmato l’11 febbraio 1929 nel Palazzo Lateranense dal Duce d’Italia Benito Mussolini e dal Cardinal Segretario di Stato della Santa Sede Pietro Gasparri. Dopo quasi 60 anni dalla breccia di Porta Pia, la spinosaquestione romana veniva risolta con il riconoscimento dello Stato Italiano da parte della Santa Sede. Questa, dal canto suo, al di là della conferma delle famose Guarentigie, dell’autonomia territoriale delle principali basiliche romane, di una congrua dello Stato Italiano al clero, ottenne che la Religione sarebbe stata fondamento e coronamento dell’Istruzione, in linea con le volontà di Pio XI al quale più che la questione romana, interessava la questione giovanile. Per il Santo Padre assicurarsi la formazione delle nuove generazioni, che il Fascismo avrebbe cresciuto come dei conquistatori, ben valeva il compromesso con un uomo quale Mussolini, come spiegò con la massima “pur di salvare un’anima, tratterei anche col diavolo”. Il duce, d’altro canto, aveva alle spalle una lunga carriera di anticlericale: oltre a non aver mai mostrato alcun accenno di Carità Cristiana, ateo furibondo, nato socialista, durante la Prima Guerra Mondiale aveva accolto irriverentemente la consacrazione dell’Esercito Italiano al Sacro Cuore.

Foibe: il dramma rimosso

Foibe. In questa oscura parola è racchiusa la tragedia dell’Italia nord-orientale la quale riassume in sé le più dolorose vicende del secolo scorso e l’ansia di un tremendo e temuto destino per le oltre 15 mila vittime. Paurosa parola, Foibe, che mette ancora brividi a coloro che videro risalire da una fossa i cadaveri dei fratelli, vittime di un massacro consumatosi in due atti, il primo successivo all’otto settembre e ancora nel maggio 45 quando i titini occuparono Trieste per 40 giorni, vittime i primissimi di vendette collettive, la cui esecuzione si trasformò con l’arrivo delle truppe rosse dall’entroterra, in metodo per gli oppositori del regime nazionalcomunista jugoslavo quali , oltre i civili, anche i gruppi di liberazione nazionale bianchi. Costoro, proprio perché rappresentanti della nuova Italia, erano molto pericolosi nella prospettiva delle rivendicazioni territoriali titine al tavolo della Pace che di fatto ratificherà l’ignominiosa occupazione di Friuli, Dalmazia ed Istria, confinando 350 mila di Italiani al dramma dell’esilio. Il loro naufragio, gravoso costo della necessità da parte delle forze alleate di assecondare Tito che li relega a vittime della storia, venne appesantito dai silenzi,dalla marginalizzazione, dalla mancanza di attenzione da parte della politica, nonché dall’odio comunista che li designò come volontari esuli dalla dittatura del proletariato. 
La nostra storia millenaria ci impone di fare del passato un fedele maestro della cui lezione, opportunamente appresa attraverso un'attenta documentazione, dobbiamo far tesoro nella quotidianità della nostra attività intellettuale e ancor più nel responsabile esercizio dell'italiana cittadinanza. In virtù della secolare fratellanza, già solo il dovere naturale derivante da codesto legame, grida al nostro cuore di ricordare con dolore coloro che morirono per la sola colpa di essere italiani, ma l'identificazione nella medesima istituzione statale, cui apparteniamo e la cui nascita passò per il travaglio di un'estenuante lotta per la libertà, impone il categorico compito di piangere i nostri fratelli vilmente uccisi come dei martiri