F1 in vacanza: il bilancio di metà stagione


Con il Gran Premio di Ungheria è andato in vacanza anche il grande circus della Formula 1, che riapre i battenti a settembre a Spa prima e Monza poi. Le gare corse sono state 11 delle 20 previste, che ci hanno consegnato cinque piloti ancora in corsa per il titolo raccolti in appena 48 punti. La Ferrari non si è dimostrata la macchina più veloce, ma Alonso è stato indubbiamente il più forte. La McLaren ha a lungo interrotto lo sviluppo ed infatti fra Bahrein e Valencia ha conquistato solo 54 punti contro i 102 della Lotus ed i 112 della Red Bull. La scuderia campione del mondo sembra riuscire finalmente a far convivere pacificamente i propri piloti, nonostante li separino solo due punti, ma ultimamente è al centro di continue polemiche su irregolarità - presunte alcune, accertate altre - sulle quali la FIA sembra voler continuare a chiudere un occhio.

Alonso 8-
Unico a vincere tre gare è meritatamente in testa al Mondiale, guida divinamente una macchina tutt'altro che imbattibile. Costante come nessun altro, tira fuori il meglio dalla sua Ferrari sulle piste veloci, ma, complici gli avversari, riesce a trarre vantaggio anche in piste lente come l'Hungaroring. Se riesce a mantenere la costanza dimostrata finora ha le sorti del Mondiale nelle sue mani, sperando che la Ferrari gli dia una mano.

Webber 7+
Sempre al traguardo e solo una volta fuori dai punti, sui dimostra secondo per continuità solo ad Alonso. Ottiene una sola pole position, d’ufficio dopo la retrocessione di Schumacher a Montecarlo, ma due vittorie, nel Principiato e a Silverstone, soffiandola ad Alonso a poche tornate dal traguardo. Sbaglia la strategia in Ungheria e finisce per far guadagnare punti ad Alonso anche con un quinto posto.

Vettel 7-
Si presenta come Campione in carica, conquista le prime due pole tentando di imporre il dominio Red Bull in qualifica come l’anno passato, poi scompare in un anonimato fatto di una sola vittoria e due volte senza punti. Non riesce a sfatare la maledizione di luglio - mese in cui non ha mai vinto - e del GP di casa, dove quest’anno riesce a farsi penalizzare ed a scendere anche dal podio. E se nonostante tutto il tedesco si ritrova a 42 punti dalla vetta - pochi con il nuovo sistema di assegnazione punti - significa che la stoffa del campione non gliela può negare nessuno.

Hamilton 6,5
Inizia la stagione con tre podi che lasciano ben sperare, poi sembra perdersi anche lui, tanto che in Ungheria era la sua ultima chance per non perdere già a metà stagione il treno della lotta al titolo. Vince in Canada, poi nei tre gran premi europei racimola la miseria di quattro punti in tre gare. Senza la vittoria dell’Hungaroring avremmo parlato di tutto un altro pilota.

Raikkonen 6,5
Era un grande punto interrogativo ad inizio stagione, ma al giro di boa si è dimostrato ancora vincente in questa Formula 1, nonostante gli continui a mancare la vittoria. La macchina è quella che è, ma nei GP lenti si dimostra competitiva: il suo compagno riesce a portarla all’arrivo solo nella metà delle gare, lui in 10 gare su 11. A rigor di logica se Hamilton con un punto in più è ancora in corsa per il titolo iridato, lo è anche l’Uomo di Ghiaccio.


Button 6-
La prima vittoria in Australia lo illude, a metà stagione si ritrova in classifica dietro alla Lotus di Raikkonen e la Mercedes di Rosberg, pur avendo la macchina del quarto in classifica. Per ben quattro volte non ottiene punti e fra Bahrein e Gran Bretagna conquista solo sette punti in sei gare.

Schumacher 5
Nelle prime sette gare ottiene solo due punti: troppo poco per dimostrare che la pole di Monaco non è stata un caso.

Massa s.v.
E chi l’ha visto? Con la macchina del primo in classifica arriva dietro a entrambe le Sauber, le Mercedes, una Sauber ed una Wiliams: lui nelle interviste dice di voler arrivare quinto a fine stagione, ma ora come ora gli mancano oltre 90 punti e nove piloti.

Milano, quando la politica diventa un gioco e la famiglia un optional


L'attenzione mediatica di queste settimane si sta focalizzando - se non fossilizzando - sulla questione del registro delle unioni civili a Milano. Pisapia, dopo aver avanzato una proposta che aveva suscitato non poche polemiche, non solo nelle frange cattoliche ma negli interi partiti, è riuscito a far approvare dal Consiglio Comunale, dopo diverse interminabili sedute, una delibera che sa di compromesso e che tuttavia continua a sollevare polemiche. L'amministrazione Pisapia si è dimostrata estremamente sensibile sulle cosiddette politiche familiari, anche con scelte che si sono dimostrate molto spesso impopolari. Nell'autunno scorso il consigliere alle famiglie del comune meneghino aveva fatto adottare in tutti gli asili comunali un libricino a fumetti, ideato e creato dal papà del personaggio della Pimpa, dal titolo Piccolo Uovo”; il protagonista - Piccolo Uovo appunto - prima di nascere aveva la possibilità di conoscere tutti i tipi di “famiglia”, compresi i pinguini e le gattine omosessuali, per poter successivamente scegliere liberamente. Questa scelta ha tentato non solo di veicolare una pericolosa associazione possibilità=libertà - concetto che fortunatamente i bambini non riescono a cogliere grazie alla loro tenera età - e di costituire una scelta chiaramente contraria ai principi del diritto ad una libera istruzione nelle scuole pubbliche - il libro, dai connotati fortemente ideologici, è stato fortemente voluto da noti partiti politici a livello nazionale - ma rappresenta la punta di un iceberg di proporzioni ben maggiori, ovvero la grave crisi di valori che vive la la nostra società, che venera Steve Jobs come - anzi, più di - San Francesco, che ammira una Gianna Nannini che ha un figlio senza un marito, o partner o compagno che dir si voglia, un uomo insomma.
Le decisioni dell’ultima settimana ne sono una triste quanto inoppugnabile conferma: il tanto decantato registro delle unioni civili approvato dalla seduta-maratona non è che un surrogato di quanto proposto inizialmente, in seguito a numerose modifiche - su tutte la dicitura di “famiglia anagrafica” e la questione della pericolosa apertura alla poligamia. Appare innegabile che tutto ciò sia indice di un’assoluta assenza di saldi principi che guidino gli intenti dei sostenitori della proposta: senza entrare nel merito dei valori che possano condurre a tali scelte - sui quali fra l’altro ci siamo in parte già espressi - appare evidente che se la giunta Pisapia ne avesse avuti non sarebbe scesa a compromessi, potendo contare su una larga maggioranza (29 voti a favore, 7 contrari e 4 astenuti); al contrario, approvando le modifiche e dichiarandosene soddisfatta,  ha dimostrato chiaramente di avere come unico valore-guida la pacifica convivenza con l’opposizione al fine di scaldare il più al lungo possibile le proprie poltrone, abbassando così la politica milanese al livello di uno scambio di figurine. Abbiamo tutti negli occhi le immagini del Santo Padre a Milano in occasione nientemeno che della Giornata Mondiale delle Famiglie, con Pisapia che accoglie riverenzialmente Benedetto XVI: sorge a questo punto spontaneo chiedersi quanto possa essere stato sincero quel saluto e quanto piuttosto possa essere stato un "contentino" per i cattolici milanesi. Ai posteri l'ardua sentenza.

Il dittatore licenziato: la fine del sogno fascista

 
Roma, 25 luglio 1943 ore 2.40 del mattino. Il sonno della Città Eterna è scosso in quel di Palazzo Venezia, dall’approvazione da parte del “Gran Consiglio del Fascismo” (19 voti contro 8) dell’”Ordine del giorno Grandi”. Dopo 4 anni Mussolini si era persuaso a convocare, per le ore 17 del giorno precedente, sabato 24, l’assemblea da lui stesso istituita nel lontano 1922, ben sapendo che quello sarebbe stato l’ultimo atto del suo ventennale dominio sull’Italia. La volontà del duce e quella della nazione, non erano più un cuor solo e un’anima sola come nei decenni precedenti: la guerra, con i morti assiderati in Russia, i caduti dell’Africa e, infine, il dramma dello sbarco in Sicilia degli Alleati appena due settimane prima la riunione, aveva decretato la fine del sodalizio.
E’ stato Dino Grandi, delfino di Mussolini, nonché ministro degli Esteri nel fiorente periodo precedente la Guerra in Abissinia, quando il duce giocava a far l’Uomo della Provvidenza sulla scena internazionale, a presentare in tre punti l’ordine del giorno con il quale la Storia ha messo il punto e a capo al Fascismo. Il progetto è quello di ritornare allo Statuto Albertino, riponendo tutti i poteri nelle mani proprio di quel re, Vittorio Emanuele III, che il 28/10/1922 aveva fatto di una sparuta marcia, una Rivoluzione, affidando il governo del Paese all’anarchico Mussolini. Primo ministro nelle ore successive, dopo le dimissioni del duce, sarà nominato il Maresciallo Pietro Badoglio, il quale non si era fatto scrupolo, nella Guerra di Etiopia, di utilizzare i gas asfissianti, vietati dalla Società delle Nazioni, contro le agguerrite truppe del Negus. Come Napoleone all’Elba, anche per Mussolini l’esilio è su un’isola, quella di Ponza, poi sarà il Gran Sasso la prigione dello statista romagnolo, prima del ritorno alla ribalta: prelevato dai paracadutisti di Hitler (12/09), in borghese, sarà liberato per dar vita a quel canto del cigno nazi-fascista che sarà la Repubblica di Salò. Nel frattempo, dopo aver precisato che la guerra sarebbe continuata al fianco dell’alleato tedesco, il 3 settembre a Cassibile, in gran segreto, il Maresciallo firma l’armistizio, l’8 sarà proclamato alla nazione con l’enigmatica frase “L’armistizio è firmato, la guerra continua”. Per i chiarimenti non c’è tempo, Badoglio e Sua Maestà fuggono nel Meridione, lasciando l’Italia Centro-Settentrionale in balìa di una guerra fratricida tra partigiani e fascisti, che continuerà per altri 18 mesi. Il 25 luglio, quale fine della dittatura, può essere considerato il primo atto della rinascita della democrazia in Italia e, in quanto tale, ne manifesta tutti i caratteri contrad-ditori. Certo preferibili alla drammatica fine del Nazismo in Germania, le grottesche vicende seguite a questa data palesano già quel dualismo proprio della politica italiana del Dopoguerra. I controversi personaggi del Re, di Badoglio, di Grandi, la malinconica figura di Mussolini in borghese sul Gran Sasso, il tragicomico annuncio dell’armistizio, le contraddizioni di una guerra al contempo Civile e di Liberazione, non sono altro che  tutte espressioni del medesimo Limbo politico italiano, un Purgatorio che, troppo spesso, anziché aprire le porte del Paradiso, spalanca quelle dell’Inferno.

La Rubrica del Sabato

  
Anticipando di poche ore il primo appuntamento con questa curata quanto appassionata rubrica, vogliamo salutare i lettori con un breve pensiero sullo spirito di questo spazio culturale. Il titolo di "Errata Corrige" propone questa pagina come luogo di analisi della storia passata e presente senza indugiare nelle distorte visioni che ne fornisce una tanto diffusa, quanto preoccupante, mentalità modernista la quale subordina il sommo principio della Verità all'interesse, sedotta dall'edonismo in cui inevitabilmente decade una civiltà orfana di valori. Profondamente indignati della corruzione dei costumi dell'oggi, nel quale sembrano essere annegati i principi morali e civili, il nostro sguardo si innalza alla Tradizione, come scrigno della preziosa eredità spirituale delle grandi figure del passato, che a noi spetta raccogliere così da opporre ad un insensato culto della Novità - cui troppo spesso corrisponde un ritorno ad uno stato brado di incondizionato assenso agli istinti - il tentativo di osservare il reale senza la distorcente lente del buonismo e della partigianeria, per potervi scorgere il Vero e la Virtù. Sempre consci che "fatti non fummo a viver come bruti ma per seguire virtute e canoscenza", come vaticinava il Sommo, confidiamo che negli articoli di questa rubrica voi lettori possiate trovare una valutazione dei fatti che possa offrirvi invitanti spunti di riflessione.
 

Londra 2012 fra razzismo e memoria


Pochi giorni fa le agenzie battevano la notizia della decisione del Comitato Olimpico greco di escludere dagli imminenti Giochi Olimpici la propria atleta Voula Papachristou, due volte campionessa Under 23 nel salto tripli e detentrice della seconda miglior misura di categoria. La causa di tale esclusione è un semplice tweet, a dire di molti a sfondo razzista: "Con tutti gli africani che ci sono in Grecia, le zanzare che arrivano dal Nilo occidentale almeno mangiano cibo come a casa". Tralasciando la stupidità e la futilità di questo commento e considerato come dato di fatto il razzismo di fondo in esso presente - considerazione sulla quale ci prendiamo la licenza di non esprimerci -, si sposa in pieno la decisione del Comitato Olimpico Greco, che ha anteposto lo spirito olimpico ai propri interessi ed alle proprie ambizioni di medaglia.
Sulle stesse pagine di sport su cui abbiamo letto questa notizia veniva riservata una misera colonnina ad un altro episodio che ha catalizzato - pur non avendo avuto la necessaria attenzione - i riflettori di Londra 2012 prima ancora che si accettassero. Ci stiamo riferendo alla polemica circa la commemorazione delle vittime di Monaco 72, undici atleti israeliani ed un poliziotto tedesco morti insieme a cinque dei loro sequestratori. Le vedove delle vittime sono ormai ai loro noni Giochi Olimpici dopo il massacro- nel 1980 Israele boicottò le Olimpiadi a Mosca -, ad ognuna delle quali hanno tenuto in vita la memoria dei mariti, nella speranza di una commemorazione pubblica. Commemorazione che il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Jacques Rogge ha vivamente caldeggiato ed alla quale prenderà parte, ma che tuttavia ha voluto assolutamente escludere dalla cerimonia di inaugurazione "per non mischiare la politica allo sport".
Il nostro presidente Gianni Petrucci ha voluto che nella Messa celebrata a Londra per gli atleti azzurri fosse ricordato il brutale attentato, "fieri di ricordare Monaco '72 [...] era logico che lo facessimo perché non si può dimenticare quell'Olimpiade".
Ci si augura dunque, nel giorno dell'apertura dei Giochi della XXX Olimpiade, che, abbandonata ogni inutile polemica, si vivano 17 giorni all'insegna di quello spirito olimpico di cui - per fortuna - abbiamo ancora evidenti esempi, e che tuttavia questi non vengano anteposti a valori e principi ben superiori, come la memoria di undici uomini giunti a Monaco in pace e tornati in una bara.

Slow Economy


Le mura del sistema economico da noi creato sembrano, negli ultimi tempi, soffocarci. Non passa giorno che non sentiamo notizie preoccupanti sulla precarietà degli stato, del mercato, dell' Europa. Tuttavia dall'orlo del baratro provengono esempi di vita nuova, alternativa, che aiuterebbero a ripartire. "Chi va piano va sano e va lontano" recita uno dei proverbi più usati e celebri, ma per la prima volta viene applicato all'economia dalle persone comuni - possiamo trovare un ben riuscito precedente dell'applicazione di questo principio nei valori che hanno mosso la nota associazione Slow Food, che scelse embleticamente come simbolo nientemeno che una lumaca. L'esasperazione ha spinto molte persone, spesso per necessità, a riscoprire ritmi e stili di vita dal sapore antico che forse potrebbero aiutare il sistema, ma quantomeno prevengono lo stress della vita moderna. Da diversi anni alcune famiglie hanno abbracciato il "consumo frugale", un modo di produzione e fruizione lontano dal consumismo esagerato e spietato, che li avvicina alle cose semplici e tradizionali della loro terra. Il principio é semplice: produrre in casa quello che prima si comprava al supermercato,  prediligere i prodotti  della zona, evitare gli sprechi. Probabilmente ė questo l' aspetto meno ovvio: quello che per noi non è uno spreco in alcune popolazioni della terra, come la Cina, viene considerata una semplice abitudine automatica.
Alcuni esempi significativi. L'acqua usata per bollire la pasta viene successivamente impiegata per innaffiate le piante invece di essere buttata. Se una famiglia decide di compra un elettrodomestico fa un giro fra parenti, amici, conoscenti, vicini e solo quando si sono trovate diverse persone con lo stesso desiderio ci si reca dal commerciante per strappare il prezzo conveniente che il gruppo insieme riesce a ottenere. Lo yogurt scaduto viene impiegato come lievito, ottenendo gli stessi effetti del nostro lievito di birra.
A parte questi esempi  di comportamenti orientali, i nuovi stili di vita proposti spesso si sposano con la produzione domestica di frutta e verdura, grazie ad un ben fornito orto di famiglia. Negli Stati Uniti d'America, il paese dove in assoluto il mercato sembrava regnare, si stanno facendo strada le cosiddette "Transition towns", a cui hanno aderito già 150 comuni in tutto il mondo, con lo scopo di pilotare lo sviluppo verso modi di produzione e consumo a basso dispendio energetico. Queste nuove istanze sembrano in apparenza essere stare causate dalla precarietà dello stato attuale. Tralasciando anche il fatto che in altri paesi del mondo esiste da molto tempo questo tipo di consapevolezza, scopriamo in realtà che il cosiddetto "sviluppo sostenibile" fu teorizzato nell' Ottocento dal filosofo francese Charles Fourier che già allora aveva parlato degli eccessi della rivoluzione industriale e dei suoi pericoli che lui chiamava "feudalesimo industriale". Ci si rende conto  di come le "Transition towns" assomiglino sorprendentemente ai "falansteri", piccole comunità teorizzate dal filosofo utopista basate su diversi stili di vita e che nel corso del '800 videro 15000 adepti fra gli americani. Oltre che osservare questi nuovi fenomeni ora non ci resta che aspettare e studiare gli sviluppi.

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La Gazzetta del PAGO è un’iniziativa giornalistica, nata sui banchi di scuola da un profondo senso civico e dalla volontà di contribuire, per quanto possibile, al miglioramento del mare magnum dell’informazione italiana.
Seppur nella sua umilissima condizione di neonato e semisconosciuto blog, tramite esso ci proponiamo di offrire il nostro modesto punto di vista tanto sull’attualità quanto sugli eventi passati, ritenendo indispensabile, oggigiorno, rileggere la storia sotto una chiave diversa da quella comunemente accettata, apparentemente inattuale ma non per questo degna dell’oblio a cui è stata relegata.
Siamo altresì convinti che i fatti descritti dalle principali fonti di informazioni nazionali - prevalentemente guerre, stragi, omicidi, crisi economiche, politiche e sociali - non siano che una porzione di una realtà più ampia, comprendente un’Italia fatta di valori saldi e di esempi positivi, che non si piega al compromesso etico richiesto da una mesta omologazione sociale e che, nonostante i suoi grandi numeri, è completamente ignorata dai mezzi di comunicazione sociale.

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Oggi, 24 luglio 2012, alle ore 19.31 nasce il blog ufficiale de La Gazzetta del PAGO.

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