Natale 1914: quello che i libri non scrivono



Tutti noi conosciamo la Prima Guerra Mondiale, dall’attentato all’attentato all’Arciduca Francesco Ferdinando alla disfatta di Caporetto e la battaglia del Piave passando per quelle di Ypres e Verdun. E tuttavia - ancora una volta - esiste quantomeno un episodio di questo terribile conflitto che meriterebbe ben più attenzione di molti altri enfatizzati e commemorati che viene puntualmente ignorato e abbandonato nell’oblio. Si tratta del primo Natale in guerra, il 25 dicembre 1914.
La guerra si trascina ormai da oltre cinque mesi - e tuttavia non è che agli inizi... - e la giornata della vigilia si caratterizza sul fronte occidentale per la prima gelata della stagione che abbassa notevolmente la temperatura rendendo tuttavia più agevole le condizioni in trincea indurendo il fango presente dopo giorni di pioggia. “Durante la giornata ci sono stati scambi di fucileria” scrive in una lettera un soldato inglese trincerato a Ypres; ma il silenzio della sera sembra preannunciare qualcosa: “Speravamo che promettesse una festa tranquilla, ma non ci contavamo”.  Sono i soldati tedeschi i primi a tentare di celebrare - nei limiti del possibile - il Natale, intonando canti natalizi dopo aver addobbato con delle candele degli abeti a mo’ di albero di Natale; gli inglesi rispondono cantando “The first Nowell” tipico canto natalizio della Cornovaglia; i tedeschi contraccambiano ancora intonando “O Tannenbaum”; lo scambio di canzoni continua con “O come, all ye faithful”, corrispettivo inglese del noto “Adeste fideles”, al quale i tedeschi rispondono in latino.
Dopo aver cantato a lungo, i tedeschi prendono ancora una volta l’iniziativa, chiamando i nemici ad uscire promettendo di non sparare. “Nella trincea ci siamo guardati non sapendo che fare. Poi uno ha gridato per scherzo: 'venite fuori voi!'. Con nostro stupore, abbiamo visto due figure levarsi dalla trincea di fronte, scavalcare il filo spinato e avanzare allo scoperto” continua nella sua lettera l’anonimo soldato inglese. Nell’esercito di Sua Maestà si diffonde un misto di timore e stupore, mettendo i soldati - che da mesi non facevano altro che sparare - davanti ad un “incredibile” rapporto umano con i nemici. Fra gli inglesi c’è chi punta il fucile contro il nemico inerme, ma il capitano ordina di non aprire il fuoco ed esce a contrattare. Le due trincee distano al più 50 metri, una striscia di terra chiamata “terra di nessuno”, teatro in quei momenti della cosiddetta “tregua di Natale”, una tregua non ufficiale che riappacificò i contendenti ben più di mille tregue ufficiali: i soldati uscirono dalle trincee, liberandosi per un momento dei fucili e delle baionette che per lunghi giorni avevano costituito e continueranno a costituire la loro unica compagnia. “Abbiamo acceso un gran falò, e noi tutti attorno, inglesi in kaki e tedeschi in grigio. Devo dire che i tedeschi erano vestiti meglio, con le divise pulite per la festa. Solo un paio di noi parlano il tedesco, ma molti tedeschi sapevano l'inglese”. Inglesi e tedeschi, che fino a poche ore prima avevano ferocemente combattuto per avanzare anche solo di pochi metri, si scambiavano doni, i loro sigari con le nostre sigarette, noi il tè e loro il caffè, noi la carne in scatola e loro le salsicce”, ma anche coltelli, mostrine, cinture e tutto ciò che potesse bastare per dare a quella notte l’atmosfera natalizia.
Locandina di Joyeux Noel, film del 2005 sulla Tregua di Natale 1914.
Il contatto inatteso - ed inimmaginabile - con i nemici consente ai soldati di avere notizie sulla guerra tramite fonti diverse, estranee al proprio esercito. “Noi gli abbiamo ribattuto che non era vero, e loro. 'Va bene, voi credete ai vostri giornali e noi ai nostri'. E' chiaro che gli raccontano delle balle, ma dopo averli incontrati anch'io mi chiedo fino a che punto i nostri giornali dicano la verità”.
La tregua fu stipulata indipendentemente in diversi punti del fronte e si protrasse in alcune zone fino a Capodanno, dando la possibilità agli eserciti di recuperare i corpi dei caduti e dar loro degna sepoltura con riti cui assistettero tanto gli inglesi quanto i tedeschi. A Ypres si svolse anche una partita di calcio, fra gli inglesi del reggimento del Scottish Seaforth Highlanders e i tedeschi del reggimento sassone, dando calci ad un pallone fatto di stracci usando cumuli di cappotti per fare i pali.
La notizia della tregua raggiunse immediatamente gli Stati Maggiori degli eserciti, che, scandalizzati, intimarono ai propri eserciti di astenersi da alcuna forma di fraternizzazione col nemico: a tal fine furono attuate frequenti rotazioni affinché i soldati non avessero il tempo di conoscere i nemici. Il Natale 1915 fu ben diverso: i tedeschi trincerati a Wolvertem, nell’attuale Belgio, innalzarono in prima linea una sorta di albero di Natale luminoso, ma i comandanti inglesi ordinarono il fuoco affinché fosse chiara la propria intenzione di non ripetere la tregua natalizia.
La censura colpì anche questo episodio che rappresenta sicuramente uno dei più bei momenti della Grande Guerra e fece sì che le numerose lettere dei soldati che raccontavano ai propri cari questa meraviglia non furono pubblicate se non dopo molti decenni. Una di questa, pubblicata dal Times, ci riporta anche il risultato della partita di Ypres: vinsero i tedeschi per 3 a 2.


La conclusione della lettera del soldato che ci ha accompagnato in questa storia sembra - nella sua semplicità e, forse, utopistica ingenuità - sottolineare ancora una volta l’assurdità della guerra: “Questi soldati sono simpatici, ma eseguono gli ordini e noi facciamo lo stesso. [...] E non si può fare a meno di immaginare cosa accadrebbe se lo spirito che si è rivelato qui fosse colto dalle nazioni del mondo. Che succederebbe se i nostri governanti si scambiassero auguri invece di ultimatum? Canzoni invece di insulti? Doni al posto di rappresaglie? Non finirebbero tutte le guerre?”.