Le memoria di Adriano



Nel dicembre 1951 Marguerite Yourcenar pubblicò Memorie di Adriano dopo anni di lunga gestazione; nei Taccuini di appunti allegati alla fine del libro, l’autore esordisce datando la stesura del libro fra il 1924 e il 1929, quando aveva fra i 20 e i 25 anni.
Il libro presenta un incipit tipico del romanzo epistolare - Mio caro Marco,... - e più volte Adriano si rivolge  direttamente al destinatario, Marco Aurelio, al quale narra, prendendo spunto da una visita medica durante la quale il suo medico Ermogene aveva constatato l’inevitabile peggiorare della sua malattia, gli eventi sella sua vita. L’opera non è però un’autobiografia composta da una semplice successione di fatti, bensì è espressione dell’evoluzione del pensiero e della filosofia dell’uomo, accompagnata dagli eventi che l’hanno inevitabilmente influenzata. L’autrice riesce magistralmente a descrivere Adriano allo stesso tempo sotto vari punti di vista, realizzando così un personaggio che ancora oggi, dopo quasi duemila anni, risulta estremamente attuale. Adriano è un uomo molto combattuto, che vive fra la gloria passata di Roma e il lento ma inevitabile declino del tardo impero, vive la decadenza della religione tradizionale e la prima affermazione del Cristianesimo e delle religioni orientali, alle quali si avvicina con interesse e sincera religiosità. Adriano, forse costretto dai tempi e dalle circostanze, inaugura una nuova figura di imperatore, non più spietato conquistatore, ma oculato difensore della patria, abile stratega, che alla guerra preferisce la pace, alle lance i libri e ai campi di battaglia le biblioteche.
Adriano descrive i suoi rapporti con Traiano, che vivono alti e bassi, e con Plotina, moglie di Traiano, che sembra l’unica figura, insieme ad Antinoo, che gli è sempre vicina. Quando gli dei non c'erano più e Cristo non ancora, tra Cicerone e Marco Aurelio, c'è stato un momento unico in cui è esistito l'uomo, solo. L’autrice nei Taccuini di Appunti definisce così Adriano, vissuto in un momento unico, senza dèi né Dio, e, in un certo senso, senza gli uomini; Adriano non ha un solido riferimento negli dèi, né riconosce la divinità di Cristo, e allo stesso tempo vive un periodo di trapasso, fra la grandezza della Roma Repubblicana e l’oblio del Tardo Impero.
Gli unici rapporti veramente profondi che l’imperatore descrive sono, come detto, quelli con Plotina ed Antinoo, che però muoiono entrambi prima dell’imperatore. Il legame più stretto che l’imperatore riesce a stringere è quello con il giovane Antinoo, con il quale instaura un rapporto ben più forte di qualunque altro, compreso quello con la moglie; l’affetto e l’amore che egli nutre per il giovane raggiunge il suo apice alla morte di Antinoo, assurto a divinità, per volere dell’imperatore.
Adriano è passato alla storia non per le sue gesta militari, sebbene si sia distinto anche sul campo di battaglia, ma per la sua sconfinata passione per la cultura, per tutto ciò che è all’infuori di Roma, senza tralasciare un’indubbia venerazione dell’Urbe e della sua storia. Adriano ricoprì a lungo il ruolo di Pontifex Maximus, mantenendo sempre il dovuto rispetto nei confronti della religione tradizionale, ma non disdegnò di accostarsi al culto del dio Mitra, dopo esserne venuto a contatto durante una campagna militare in Oriente. Egli riconosce la cultura greca come genitrice indiscussa di quella romana, ne rispetta la storia passata e le espressioni presenti; aderisce infatti alla corrente del neo-stoicismo, sulla scia di Seneca, come farà in seguito anche Marco Aurelio. Nell’evoluzione del pensiero dell’imperatore si afferma sempre più la presa di coscienza delle proprie responsabilità, non solo dell’impero che era nelle sue mani, ma anche della bellezza del mondo, presentandosi apertamente come amante del bello, dell’arte e di tutta la cultura. Adriano sopporta queste enormi responsabilità con freddezza, con il raziocinio di chi si rende conto di dover mettere le proprie virtù al servizio di tutti, perché l’uomo saggio sia funzionale alla politica. Adriano infatti, convinto dell’utilità delle proprie virtù per il buon governo di Roma, si comporta come grande imperatore, sollecito e allo stesso tempo riflessivo su ogni questione; egli afferma di gestire l’Impero in maniera tale che questo non risenta della sua assenza quando sarà morto e tento di riorganizzarlo secondo i tre principi che fa incidere sulle monete del suo impero: Humanitas, Libertas, Felicitas.
La sesta e ultima parte del libro presenta interessanti riflessioni sulla fine della vita, frutto dell’intensa meditazione di Adriano sul letto di morte; emerge in queste ultime pagine il carattere stoico del pensiero dell’imperatore. ..E cerchiamo di entrare nella morta a occhi aperti. Nonostante la malinconia che permea tutte le pagine, Adriano ha la forza di affrontare quasi impassibile la morte, rimanendo fedele ai propri ideali stoici; l’imperatore accetta inoltre serenamente la malattia, attendendo con tranquillità il fatidico momento del trapasso e rifiutando, dopo averne vagheggiato l’idea, il suicidio.
Il romanzo della Yourcenar nella forma è chiaramente un romanzo epistolare, ma in relazione al contenuto l’opera non appartiene ad alcun genere preciso; Adriano scrive sì una lettera, ma le sue parole, talvolta molto vicine alla poesia, esprimono tutta la sua interiorità, creando una sorta di flusso di coscienza, o, meglio, di monologo interiore.

Marguerite Yourcenar riesce nella mirabile impresa di descrivere fedelmente un imperatore, e, soprattutto, un uomo; riesce a mettere a nudo la sua personalità, realizzando a tratti un vero e proprio poema d’amore alla vita, che Adriano accetta in ogni sua forma e rispetta sino all’ultimo respiro.