Domenica Parigi ha rivestito per l’ennesima volta le vesti
del guastafeste dei piani del socialista Hollande, portando in piazza quasi un
milione e mezzo di persone a difesa di quelli che Papa Benedetto ha definito “valori
non negoziabili”: “il rispetto e la difesa della vita umana, dal
concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra
uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene
comune in tutte le sue forme”. Si tratta di una mirabile sintesi degli argomenti
intorno ai quali si è sviluppata una delle questioni di scottante attualità che
dimostra inequivocabilmente la mediocrità della nostra informazione, la sua
pochezza contenutistica e le sue tristi storpiature ideologiche: si tratta
della questione sui diritti agli omosessuali, che, nonostante occupi
quotidianamente le prime pagine ed i titoli di giornali e notiziari, non è in
realtà di pubblica conoscenza quanto sembrerebbe né tantomeno quanto dovrebbe.
Epurando l’argomento da tutti i commenti che possano darne un’errata visione, è
ben più semplice e chiarificante esporre semplicemente i fatti con una schietta
oggettività, per molti stridente con la disinformazione cui siamo tristemente abituati.
Adrian Smith, dipendente inglese, scrive sul proprio profilo
facebook che il matrimonio gay è un’uguaglianza “eccessiva”: viene
retrocesso sul posto di lavoro e il suo stipendio decurtato del 40%.
Peter e Hazelmary Bull, albergatori d’oltremanica, affittano
camere matrimoniali solo a coppie etero sposate: vengono multati di £3 600.
Angela McCaskill, impiegata universitaria a Washington DC,
fa firmare una petizione per proporre ai cittadini un referendum sulla
ridefinizione del matrimonio: viene sospesa dal lavoro.
Bill Beales, preside inglese, fa notare la discriminazione
presente nel proprio istituto nei confronti di chi difendeva il matrimonio
“tradizionale”: sospeso.
Dale McAlphine, predicatore del Nord dell’Inghilterra,
predica che l’omosessualità è peccato: arrestato.
Arthur MMcGeorge, autista inglese, propone ai colleghi una
petizione sul matrimonio naturale: sanzionato dal datore di lavoro.
L’Università del Texas, grazie al lavoro del suo
Dipartimento di Sociologia, ha pubblicato i risultati di una ricerca su un
ampio campione di “figli” di genitori omosessuali: i dati della ricerca
hanno suscitato un clamore tale da portare all’apertura di un’inchiesta interna
a carico del prof. Mark Regnerus, sociologo responsabile dello studio,
conclusasi con un comunicato nel quale l’Università confermava che “nessuna
indagine formale può essere giustificata sulle accuse di cattiva condotta
scientifica presentate contro il professore associato Mark Regnerus riguardo al
suo articolo pubblicato sulla rivista Social Science Research”. Viene
dunque spontaneo chiedersi che cosa abbia mai scoperto di tanto sensazionale il
prof. Regnerus da sollevare le ire di così tante persone. In effetti i dati non
sarebbero poi così sconvolgenti se non fossimo abituati ad una vergognosa
disinformazione ideologica. Il 12 % dei “figli” di coppie gay pensa al
suicidio, contro il 5 % della media “etero”, il 40% è propensa al tradimento
(invece del 13%), i disoccupati fra i primi è del 28%, fra i secondi dell’8%.
Insomma, non è poi così pregiudizievole ritenere dannoso per l’equilibrato
sviluppo del bambino vivere in una famiglia incentrata su una coppia di
omosessuali. La scarsissima risonanza riservata al suddetto studio è stata
indegnamente accompagnata da una fantomatica cattiva reputazione della stessa
Università del Texas, arrivata addirittura a difendere il “folle”
ricercatore: la favola disinformativa potrebbe anche sembrare credibile se non
fosse per pubblicazioni del calibro di US News and Report, The
Economist o Shanghau Jiao Tong Univeristy, che collocano
l’Università in questione fra il 35° ed il 67° posto nella classifica mondiale.
Il New York Times ha definito la ricerca “rigorosa” in quanto ha
fornito dati di gran lunga più attendibili dei precedenti studi, la cui
stragrande maggioranza avanzava la teoria della “nessuna differenza” fra
figli di coppie gay ed etero. Il campione dello studio non sono infatti le
poche migliaia di soggetti della maggior parte degli altri studi, ma l’intera
popolazione statunitense, ovvero oltre 300 milioni di persone: ciononostante lo
studio è stato tacciato di inattendibilità e l’Università di essere
semplicemente retrograda ed ostile all’inevitabile progresso sociale e
culturale rappresentato dalla questione delle coppie gay.
Alla luce di quanto esposto non sembra poi così dissennato
considerare che la società odierna vive una situazione a dir poco dittatoriale,
almeno sotto tre punti di vista: da un punto di vista valoriale, sociale e
culturale. La definizione di dittatura corrisponde ad una società in cui una
minoranza domina con violenza - fisica o verbale - la maggioranza: appare
quindi illuminante tale definizione
applicata all’odierna società, dove - circoscrivendo la situazione al dibattito
in analisi - la maggioranza è messa violentemente a tacere in nome di un progresso
sociale ancora ben lungi dall’essere dimostrato. Una dittatura valoriale in
primis: i “valori non negoziabili” su cui si fonda la nostra millenaria
tradizione culturale sono abbandonati e messi all’angolo senza rendersi conto
che rappresentano la pietra miliare della nostra cultura. La dittatura diventa
così sociale in ogni suo aspetto, da quello etnico a quello finanziario:
indipendentemente dai dati appena riportati, esiste un mero fatto indiscutibile
dalla scientifica oggettività , ovvero che una coppia omosessuale non può
continuare la specie umana. Ecco dunque il presupposto per la dittatura sociale
che sta lentamente portando alla morte la cultura europea. Noncurante di un
tasso di natalità fra i più bassi al mondo, negli ultimi decenni la nostra
società ha preferito impegnarsi in una serie di politiche mirate ad
un’uguaglianza di diritti puramente apparente, fondata invero su una
discriminazione accertata: tali politiche - è impossibile negarlo - faranno
contrarre inevitabilmente in modo drastico la natalità, condannando di fatto il
Vecchio Continente ad arrendersi davanti all’immigrazione da parte di paesi che
- guarda caso - si difendono a denti stretti dagli omosessuali. L’Europa è
dunque destinata a soccombere, con i suoi valori, ai colpi inferti dal pensiero
debole, tristemente canonizzato anche in quest’ambito dalla Conferenza del
Cairo prima e di Pechino poi: si avvicina dunque il tracollo contemporaneo
della civiltà che su tali valori fonda le proprie basi e della stessa
popolazione autoctona europea che di tali valori si è sempre fatta portatrice.
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