Addio a Mennea, la Freccia del Sud


Si è spento a 61 anni in una clinica romana l'italiano più veloce della storia, il primatista mondiale per 18 anni sui 200 m piani, la Freccia del Sud. Se ne è andato ma rimarra per sempre nella storia del nostro Paese, non solo negli almanacchi dei primatisti sulle piste d'atletica, ma aoprattutto nella memoria e nell'affetto dei milioni di italiani che ha emozionato con quella corsa a Città del Messico con cui scolpì il suo nome accanto ad un 19''72 che aveva del sovrumano. Un record durato 18 anni, finchè nel 1996 Michael Johnson riportò ad un afroamericano il record. Eterno è invece il record sui 150 m, distanza non olimpica, in cui il 15''8 di Mennea è stato battuto solo da Usain Bolt (15''35) nel 2009 su una pista rettilinea, non consentendo così l'omologazione della Federazione.
Piace ricordarlo non solo sulla pista, ma anche al di fuori, dietro una scrivania o davanti ad un microfono. E nel giorno della sua camera ardente piace ricordarlo proprio così, con le tante parole dedicategli dalla carta stampata, con le sua numerose interviste e gli innumerevoli articoli.

Rispondeva così, meno di un anno fa, alle domande di Emanuela Audisio su Repubblica del 3/VI/2012:

"Noi non avevamo niente e volevamo tutto. Eravamo cinque figli, quattro maschi e una femmina. Mio padre Salvatore era sarto, mia madre Vincenzina lo aiutava, a me toccavano i lavori più umili: fare i piatti, pulire la cucina, lavare i vetri. Avevo tre anni quando mamma mi mandò a comprare un bottiglione di varechina che mi si aprì nel tragitto, porto ancora i segni sulle mani. Papà veniva da una famiglia di undici figli, due si erano fatte suore, non c’era da mangiare a casa. Quando ho iniziato a correre i calzoncini me li cuciva lui. Papà alla domenica mi mandava in bicicletta a portare i vestiti, anche al questore Buttiglione, io appoggiavo la bici e andavo a giocare a pallone, stavo in porta, ma i clienti protestavano e all’una tra i rimproveri ero intercettato. Correvamo in piazza o attorno alla cattedrale, mi feci la fama lì. A quattordici anni divenni collaudatore di macchine veloci. Chi comprava una Porsche o un’Alfa Romeo veniva a suonarmi a casa alle undici di sera".

E poi, ricordando la sera che lo ha incoronato nell'Olimpo dell'Atletica:

"Il pubblico urlò. Io capii, ma non ero sicuro. Non c’erano tabelloni elettrici, allora. Mi girai. L’unico cronometro era alla partenza. Guardai le cifre che segnalava, poi mi vennero tutti addosso, ci fu una grande confusione. L’avevo cercato e trovato, il record. Non era un caso, mi ero preparato per quello, senza tregua"

"Quel giorno l’Italia scoprì un altro Coppi - conclude la Audisio -. Veniva dal meridione, era magro, un po’ storto, molto contorto. Figlio di un sarto. Suo padre tagliava abiti, lui si cucì l’atletica addosso. Corse i primi cento in 10”34 e i secondi in 9”38. Quell’anno l’Italia capì che correre alla Mennea era una scienza.

Poco dopo l'impresa, il 13 settembre 1979, confessa:

"Avevo memorizzato tutto. Anche il riscaldamento: lo stretching, gli allunghi. Avevo imparato a memoria persino la strada che mi separava dallo stadio. Uno stadio antico e bello, ma la pista era logora, consumata. Ero concentrato al massimo, ripensavo a tutti gli insegnamenti dell’allenatore, quando cominciò a piovere. Per fortuna la pioggia non scese copiosa, mi graziò, altrimenti quel record non l’avrei mai battuto".

Conseguì cinque lauree: Isef, scienze motorie, giurisprudenza, scienze politiche, lettere. "Fu Aldo Moro a suggerirmi di iscrivermi all’Università: aveva capito che avevo sete di sapere" rivela a Oggi nel 2010. È stato avvocato, commercialista, revisore contabile, agente di calciatori, giornalista pubblicista, insegnante universitario. Ha insegnato anche Educazione fisica in un liceo. "Già, ma il preside mi chiese di andarci piano, perché gli studenti si lamentavano di non riuscire a salire le scale… La scuola li cresce così e poi ci lamentiamo se invece di fare sport vanno in discoteca?".


Lo piange l'Italia, lo piange tutto il mondo. "Fallece Pietro Mennea, la ultima bala blanca" scrive El Mundo: "Muore Mennea, l'ultima pallottola bianca". Quanto conobbe Cassius Clay fu presentato come "l'uomo più veloce del mondo": al che il pugile commentò "E sei bianco?". Martedì la Ansaldo presenterà un nuovo treno per le Ferrovie dello Stato, che raggiungerà la velocità di 400 km/h: si chiamerà Mennea.

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