Le Origini del Con-Clave

Il "conclave", l'assemblea porporata nella quale viene scelto il Sommo Pontefice, rappresenta la mirabile singolarità di un sovrano assoluto eletto in modo democratico, collegiale. Tale peculiarità è riflessa dall'evidente etimologia latina del suo nome ed indicante la segretezza di un'assemblea che si svolge appunto a porte chiuse a chiave (cum clave). Per rinvenire l'origine non solo del termine, ma anche della legittimità del suo uso, non occorre ritornare agli albori della bimillenaria storia della Chiesa: giacchè i primi papi vennero eletti da tutti i membri del clero residenti nei pressi di Roma, fino al 1059 quando Niccolò II stabilì che fossero solo i cardinali a riunirsi tra loro. Per il primo vero conclave bisogna attendere altri due secoli, quando fu istituita la procedura attuale per ovviare ai sempre più lunghi periodi di vacanza della Sede Apostolica. Fu Perugia a rinchiudere forzatamente per la prima volta i principi della chiesa nel 1216, allorché non si decidevano ad eleggere il papa, e nel 1241 il senatore di Roma Orsini imprigionò per due mesi gli elettori nei ruderi di un carcere per accelerare i tempi della nomina, tanto che Celestino IV così nominato morì pochi giorni dopo l’elezione sfiancato dalla prigionia.
Il Palazzo Papale di Viterbo
Si arriva così a Viterbo, con il primo conclave del 1261 seguito alla morte del pontefice nella medesima città, cui ne seguì un secondo nel 1265 con l’elezione di Clemente IV. I conclavi viterbesi furono in tutto cinque, nel ventennio 1261-1281, ma il più famoso è quello del 1268, il più lungo della storia, durato quasi tre anni. Il problema era il completo disaccordo tra i 18 elettori, i quali dopo qualche mese di inutili tentativi si videro rinchiusi nel Palazzo Papale con i viveri razionati e guardie che circondavano l’edificio, sembra su consiglio di San Bonaventura da Bagnoregio. Ma neanche questo produsse i risultati sperati e verso la Pentecoste del 1269 si arrivò alla famosa decisione di scoperchiare il tetto della sala del conclave, ad opera del podestà Corrado di Alviano e del capitano del popolo Raniero Gatti. I cardinali furono costretti a montare delle tende nel salone per ripararsi dalle intemperie (i fori sul pavimento sono ancora visibili) e chiesero ed ottennero di far uscire Enrico di Susa che si era ammalato. Si andò tuttavia avanti per molti altri mesi, tra minacce, pressioni esterne e la morte di uno degli elettori, prima della fumata bianca che arrivò il primo settembre 1271 con l’elezione di Teobaldo Visconti come Gregorio X. Fu lui che nel concilio di Lione (1274) con la costituzione Ubi periculum, incorporata da Bonifacio VIII nel diritto canonico, stabilì che i cardinali venissero rinchiusi in un locale con il vitto ridotto dopo tre giorni e ancor di più dopo cinque giorni di votazioni senza esito: legislazione che andò in vigore dall'elezione del suo successore Innocenzo V (1276). Il conclave, secondo la prima legge di Gregorio X, doveva tenersi nel luogo stesso dove era morto il papa. Tuttavia, da Callisto III (1455) in poi, si tenne sempre a Roma, nel palazzo Vaticano, fino a Pio VII, che fu eletto in Venezia nel 1799 in pieno terrore napoleonico. Non poche modificazioni ed eccezioni subì la costituzione di Gregorio X per opera di varî papi, principalmente di Pio IV, Gregorio XV e Clemente XII, fino a che Pio IX, con la bolla In hac sublimi del 23 agosto 1871, accordò alla maggior parte dei cardinali la dispensa dalla tradizionale clausura. Ulteriori modifiche sono state introdotte da Paolo VI, il quale, con la Ingravescentem aetatem (1970) ha escluso dallo scrutinio i cardinali ottuagenari, da Giovanni Paolo II, che con la Universi Dominici Gregis (1996) ha soppresso i metodi di elezione per acclamazione o compromesso, per arrivare all'emerito Benedetto XVI che ha reintrodotto il quorum dei 2/3 anche oltre il 34° scrutinio (dopo il quale il predecessore aveva disposto la maggioranza semplice). 

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