Le
elezioni per la I Legislatura della Repubblica si svolsero circa tre mesi e
mezzo dopo la promulgazione della nuova Costituzione sulla base delle leggi
approvate dall'Assemblea Costituente, in un clima di dura contrapposizione
interna e internazionale. Il "colpo di Stato" di Praga, da parte del comunista
Gottwald, del 25 febbraio 1948, consolidò nell'opinione pubblica il senso di una
scelta fra "totalitarismo bolscevico" e "democrazia", fra
Est e Ovest.
A
De Gasperi, alla D.C. e alla coalizione di centro - che dal dicembre 1947
appoggiava il ministero - si contrapponevano, a sinistra, i socialisti e i
comunisti uniti nel Fronte Democratico Popolare. Il forte scontro ideologico,
gli opposti riferimenti internazionali per i maggiori partiti, crearono una
vera e propria frattura fra l'area delle forze politiche presenti nelle
istituzioni rappresentative ("area della rappresentanza") e quella
delle forze legittimate, in senso storico-politico, a governare ("area
della legittimità").
Durante la campagna elettorale, il P.C.I. insisté soprattutto sui valori del lavoro e della pace, sulle accuse verso De Gasperi, la D.C., lo stesso Vaticano, di essere complici dell'imperialismo statunitense e di contribuire a una campagna antisovietica che avrebbe portato alla guerra. L'impostazione propagandistica del Fronte sottolineava inoltre una analogia fra la lotta del 2 giugno per la Repubblica e quella per l'elezione del Parlamento. Il Fronte Democratico Popolare - che riuniva fra l'altro, oltre il P.C.I. e il P.S.I., la Democrazia del Lavoro, l'Alleanza Repubblicana Popolare, il Movimento Cristiano della Pace - tenne la prima Assemblea Nazionale il 1° febbraio 1948, alla quale ne seguirono altre in tutte le provincie. A dispetto di tanti entusiasmi e di tante facili illusioni, la battaglia elettorale del Fronte si rivelò fallimentare. Gravissimo errore di fondo fu quello di proporre uno "scontro di civiltà", nel quale le stesse Sinistre avevano tutto da perdere: invece di incalzare il governo sulle conseguenze delle scelte economiche e sulle drammatiche condizioni di vita di milioni di italiani, i dirigenti del Fronte si lasciarono trascinare in una polemica quotidiana sui grandi temi della politica estera e sul confronto tra USA e URSS, un confronto che non poteva che risultare perdente. Il fascino dell'Unione Sovietica, per quanto forte, era di gran lunga inferiore all'attrattiva degli Stati Uniti; nell'immaginario collettivo e nella memoria storica degli Italiani, gli States erano la terra della facile ricchezza, delle rimesse e delle fortune degli emigranti, delle star di Hollywood, della promessa di nuovi livelli di benessere, per quanto ancora solo sognati. Per la maggioranza della popolazione, l'idea di legarsi ancora di più alla terra promessa d'oltreoceano appariva irrinunciabile, inevitabile. In più, i tragici fatti di Praga (Febbraio 1948) ebbero un enorme impatto politico ed emotivo sull'opinione pubblica italiana; impatto che fu stupidamente sottovalutato dal Fronte.
Durante la campagna elettorale, il P.C.I. insisté soprattutto sui valori del lavoro e della pace, sulle accuse verso De Gasperi, la D.C., lo stesso Vaticano, di essere complici dell'imperialismo statunitense e di contribuire a una campagna antisovietica che avrebbe portato alla guerra. L'impostazione propagandistica del Fronte sottolineava inoltre una analogia fra la lotta del 2 giugno per la Repubblica e quella per l'elezione del Parlamento. Il Fronte Democratico Popolare - che riuniva fra l'altro, oltre il P.C.I. e il P.S.I., la Democrazia del Lavoro, l'Alleanza Repubblicana Popolare, il Movimento Cristiano della Pace - tenne la prima Assemblea Nazionale il 1° febbraio 1948, alla quale ne seguirono altre in tutte le provincie. A dispetto di tanti entusiasmi e di tante facili illusioni, la battaglia elettorale del Fronte si rivelò fallimentare. Gravissimo errore di fondo fu quello di proporre uno "scontro di civiltà", nel quale le stesse Sinistre avevano tutto da perdere: invece di incalzare il governo sulle conseguenze delle scelte economiche e sulle drammatiche condizioni di vita di milioni di italiani, i dirigenti del Fronte si lasciarono trascinare in una polemica quotidiana sui grandi temi della politica estera e sul confronto tra USA e URSS, un confronto che non poteva che risultare perdente. Il fascino dell'Unione Sovietica, per quanto forte, era di gran lunga inferiore all'attrattiva degli Stati Uniti; nell'immaginario collettivo e nella memoria storica degli Italiani, gli States erano la terra della facile ricchezza, delle rimesse e delle fortune degli emigranti, delle star di Hollywood, della promessa di nuovi livelli di benessere, per quanto ancora solo sognati. Per la maggioranza della popolazione, l'idea di legarsi ancora di più alla terra promessa d'oltreoceano appariva irrinunciabile, inevitabile. In più, i tragici fatti di Praga (Febbraio 1948) ebbero un enorme impatto politico ed emotivo sull'opinione pubblica italiana; impatto che fu stupidamente sottovalutato dal Fronte.
Il già
ricordato colpo di mano dei comunisti di Klement Gottwald e l'inizio della
sovietizzazione della Cecoslovacchia alimentarono dubbi e sospetti circa le
reali convinzioni democratiche di Togliatti e soci.
I
vertici del Fronte non tennero neppure conto delle conseguenze delle notizie,
provenienti sempre dall'Est, riguardo alle persecuzioni antireligiose e alle
misure quotidiane prese contro la Chiesa cattolica. Di fronte ad esse,
l'opinione pubblica cattolica si irrigidì ulteriormente e lo stesso Pio XII sembrava
convinto della possibilità reale di una persecuzione che avrebbe colpito anche
la sua persona. In una situazione del genere non potevano certo bastare le
adesioni date al Fronte da un folto gruppo di intellettuali e di personalità di
grande prestigio, da Corrado Alvaro a Salvatore Quasimodo, da Renato Guttuso a
Giorgio Bassani, Guido Calogero e moltissimi altri di pari valore. Per di più i
dirigenti del Fronte si cullarono fino all'ultimo nella certezza della
vittoria, mostrando così di non sapere assolutamente cogliere gli orientamenti
più profondi dell'elettorato. Fu solo in extremis che si tentò di riequilibrare
la propria campagna propagandistica, ma senza convinzione né coerenza. Di ben
altra efficacia, invece, si dimostrò la mobilitazione dei sostenitori della DC,
attorno alla quale finirono per concentrarsi tutte le energie della Chiesa
cattolica, del governo e degli Stati Uniti, costituendo un blocco decisamente
imbattibile.
La
D.C. presentandosi, dunque, come baluardo contro il bolscevismo, fu sostenuta dalla
larga e diffusa rete delle organizzazioni dell'associazionismo cattolico, in
particolare dall'Azione Cattolica (2.261.044 iscritti nel 1948) e dai Comitati
civici, costituiti da Luigi Gedda l'8 febbraio 1948, che si dimostrarono
capaci, con circa 300.000 attivisti, di una eccezionale mobilitazione. A favore
della D.C. influirono anche gli aiuti americani, la popolarità degli Stati
Uniti in ampi strati della popolazione, la dichiarazione congiunta, del marzo
1948, di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, favorevole ad un protocollo
aggiuntivo al trattato di pace per riportare il Territorio Libero di Trieste
sotto sovranità italiana. Già nel radiomessaggio natalizio del 1947 lo stesso
Pio XII chiamò ripetutamente i cattolici all'impegno diretto nell'imminente
campagna elettorale:
"Disertore
e traditore sarebbe chiunque volesse prestare la sua collaborazione materiale,
i suoi servigi, le sue capacità, il suo aiuto, il suo voto a partiti e poteri
che negano Dio, che sostituiscono la forza al diritto, la minaccia e il terrore
alla libertà, che fanno della menzogna, dei contrasti, del sollevamento delle
masse, altrettante armi della loro politica, che rendono impossibile la pace
interna ed esterna."
Nelle
settimane successive seguirono incalzanti appelli di ogni genere da parte
dell'intero episcopato italiano. Termini e slogan quali "santa
crociata" o "nuova Lepanto" furono usatissimi, così come si fece
ricorso all'equazione, già utilizzata con successo nelle precedenti elezioni
del 1946, tra buon italiano e buon cattolico.
La
saldatura e la sovrapposizione tra aspetti politici e aspetti religiosi fu
costante, e ciò fin dalle "missioni religiose popolari", organizzate
e tenute in gran numero nelle regioni considerate a rischio (Emilia-Romagna e
Meridione). Tra la primavera 1947 e i primi mesi del 1948 si tennero ben 257 di
queste missioni in 112 diocesi diverse, con la partecipazione massiccia di
membri dell'Azione Cattolica, tutti preparati appositamente anche con corsi a
carattere metodologico. Inoltre, nei paesi più remoti di tutte le regioni,
vennero inviati speciali carri-cinema, attrezzati per la proiezione di film tra
cui spiccava Pastor Angelicus, un documentario volto ad esaltare la figura e le
opere di Pio XII. Enorme successo ebbero le prediche e i comizi del gesuita
padre Lombardi (curiosamente omonimo del membro del PSI !), chiamato
"microfono di Dio" per il trasporto e la grande abilità oratoria.
Nella
campagna elettorale del '48 - caratterizzata da una partecipazione popolare
senza precedenti - città e paesi ospitarono decine di migliaia di comizi,
vennero "inondati" di manifesti, la cui affissione non era stata
ancora regolamentata. Per quanto riguarda la D.C. stampò e diffuse 5.400.000
manifesti di quattordici tipi diversi, 38.200.000 volantini di ventitré tipi,
4.800.000 striscioni di dodici tipi, 250.000 quadri murali di cinque diversi
tipi.
A
tal scopo determinante, in chiave economica, fu proprio il sostegno diretto
americano alla campagna della DC. L'ambasciatore a Roma, James Dunn, girò in
lungo e in largo l'Italia; visitò scuole e ospedali; inaugurò ponti e strade
costruiti con il contributo americano; si fece sempre trovare nei porti al
momento dell'arrivo delle navi che trasportavano gli aiuti da Oltreoceano. Le
trasmissioni radio in lingua italiana della "Voice of America" furono
potenziate e utilizzate a fondo. Soprattutto, fu decisivo il sostegno
finanziario dato da Washington al partito democristiano e alle altre forze
anticomuniste. Esso coinvolse istituzioni cattoliche, organizzazioni sindacali
e persino amministrazioni pubbliche. Tra il Marzo e l'Aprile 1948 De Gasperi e
i suoi uomini ricevettero oltre 500 mila dollari e tonnellate di materiali da
stampa, attraverso i canali più disparati e impensabili (aiuti dell'European
Recovery Program, fondi privati raccolti negli USA, fondi raccolti dalla Santa
Sede ecc.) Parte di questi contributi pervenne anche agli altri partiti di
governo, compresi i socialdemocratici di Saragat. D'altra parte anche il Fronte
Popolare ricorse all'aiuto sovietico per finanziarsi. Mosca inviò al PCI
ingenti somme di denaro e materiali per la campagna elettorale, usando metodi
complicati e stranissimi (ad esempio facendo arrivare clandestinamente tali
contributi dalla Jugoslavia in mazzette da 100 dollari l'uno; oppure comprando
migliaia di arance in favore dell'Unità ecc.)
La
campagna elettorale - con comizi, contraddittori, dibattiti radiofonici, film -
suscitò una mobilitazione di dimensione non più raggiunta negli anni
successivi. I risultati delle elezioni - nelle quali l'affluenza alle urne fu
del 92% - segnarono un clamoroso successo della Democrazia Cristiana che
ottenne il 48,5% dei voti - 12.741.299 - per la Camera dei deputati (rispetto
al 25,2% e a 8.101.000 voti ottenuti nelle elezioni per l'Assemblea
Costituente, cioè 4.600.000 nuovi consensi) e la maggioranza assoluta dei
seggi: un risultato che non sarebbe stato più raggiunto. Eccezionale fu anche
il successo riportato personalmente da De Gasperi, sia in termini assoluti sia
in raffronto ai voti preferenziali ottenuti dai leaders degli altri partiti:
285.778 voti preferenziali a Roma, 292.517 a Napoli, 49.666 a Trento. La D.C.
non ebbe, invece, la maggioranza assoluta al Senato perché ai 237 senatori
eletti (dei quali 131 della D.C.) si aggiunsero, a pieno titolo, in base alla
III Disposizione transitoria della Costituzione, valida per la prima
legislatura, 107 senatori di diritto, nominati con decreto del Presidente della
Repubblica, fra personalità che negli anni precedenti avessero ricoperto
cariche politiche di rilievo o avessero scontato almeno cinque anni di
reclusione in seguito a condanna del Tribunale speciale fascista per la difesa
dello Stato. Per il Fronte Popolare votò invece soltanto il 30,8% degli
elettori (rispetto al 40% ottenuto dai socialisti e dai comunisti nelle
elezioni del 2 giugno 1946). Dei 183 deputati del Fronte Democratico Popolare
133 furono comunisti, per l'attento e largo uso delle preferenze organizzato
dal P.C.I.; 50 socialisti. Le liste di Unità socialista ottennero 33 seggi, 10
il Blocco Nazionale, 9 il Partito Repubblicano, 14 invece il Partito Nazionale
Monarchico, 6 il Movimento Sociale Italiano.
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