Il nuovo Parlamento


Un Parlamento nuovo, con nuove proporzioni e nuovi rapporti di forza, ma soprattutto una nuova politica, o almeno la denuncia di una necessità di cambiare, non necessariamente il sistema bipolare su cui si fonda la politica nostrana sin dalle sue origini, ma quantomeno le fondamenta degli odierni sistemi partitici. E lo spunto di tale considerazione non è il già tanto declamato ingresso in Parlamento del Movimento 5 Stelle - con ben 54 senatori e 108 deputati, bensì un’ulteriore considerazione: Monti ha superato a stento la soglia di sbarramento al Senato, ottenendo tuttavia solo un terzo dei seggi dei “grillini”, dimostrando lo scarso gradimento degli italiani nei confronti di un governo ricordato solo per la politica economica ed il pesante aggravio fiscale. Contestualmente alla Camera la coalizione centrista non è riuscita a salvare Fini da un’uscita dal Parlamento che l’Italia attendeva dal lontano 1983 e che solo la Porcellum era riuscita finora ad evitare. Casini, coalizzato alla Camera ma non al Senato, ha ottenuto solo 8 seggi a Montecitorio.

Il Centrosinistra è invece il più grande sconfitto, essendo calato dal +6% degli exit poll del primo pomeriggio ad un misero mezzo punto percentuale dei dati definitivi del Viminale: un fallimento totale, che consegna l’Italia ad una fase di indecisione e ingovernabilità di una gravità inimmaginabile. Di errori strategici il PD ne ha fatti moltissimi, a partire dalla candidatura di Bersani a candidato premier piuttosto che Renzi: forse il sindaco di Firenze non avrebbe riscosso il gradimento della maggioranza dei 3 milioni di elettori delle primarie PD, ma sicuramente avrebbe fatto meglio del segretario piacentino, che non è riuscito a controbattere in alcun modo alla rincorsa del Cavaliere. “La corsia di emergenza sta a sinistra, a destra c’è solo quella di emergenza” affermava convinto Renzi nel supportare il candidato a Palazzo Chigi del suo partito, ma la situazione del Paese descritta dalle urne è ben diversa: PD e PDL sono appaiate subito sotto al 30%, ma se quest’ultimo è in forte rialzo grazie alle performance del Cavaliere, il PD è in caduta libera sin da quando sono state indette le elezioni. Lo scandalo Monte Paschi ha sicuramente reso più difficile la salita al governo del centrosinistra, ma Bersani non è riuscito a trasmettere agli italiani alcun senso di certezza e stabilità, evitando i temi caldi della campagna elettorale e preferendo ad una concreta offerta di proposte agli elettori solamente lo sterile attacco al centrodestra, che non ha fatto altro che essere una cassa di risonanza per il noncurante Berlusconi.

E se poi si vuol trovare qualcosa di positivo nelle elezioni più disastrose della Repubblica, non si fatica poi tanto a trovarle: oltre al già citato Fini, ha abbandonato i palazzi del potere anche Di Pietro, e si è inoltre riusciti a serrarne le porte a personaggi come Ingroia e Giannino. Ha infine ottenuto un ottimo risultato elettorale anche il neonato partito di Meloni, Crosetto e La Russa, Fratelli d’Italia, entrato alla Camera con il 1.95 % dei voti (tradotti in 9 seggi), superando ampiamente La Destra di Storace.

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