Nel segno di Aldo Moro

Aldo Moro, professore universitario, uomo politico, cristiano e padre di famiglia, la sua vicenda intellettuale, politica ed umana, culminata nel tragico epilogo della sua barbarica uccisione da parte delle Brigate Rosse, dopo 55 giorni di prigionia, lo rende una delle personalità più eminenti del secolo vigesimo nonché uno dei massimi statisti della storia repubblicana. La sua fine, benchè esistano ancora delle persone capaci di osannare i suoi aguzzini – come dimostra il raccapricciante spettacolo che ha accompagnato i funerali del suo carceriere Prospero Gallinari, scomparso lo scorso 14 gennaio -, è senz’altro la pagina più buia degli “Anni di piombo” e quella su cui più sono stati versati fiumi di inchiostro.
All’interno di questo lungo excursus sulla Prima Repubblica, da noi dedicato al periodo di campagna elettorale, vogliamo commemorarlo riportando le toccanti parole pronunciate dal Santo Padre Paolo VI il 13 maggio 1978, in occasione della commemorazione funebre dello statista pugliese, il quale – come è ben noto – non ebbe funerali di Stato, dato il rifiuto categorico da parte dei propri familiari. Di seguito il testo integrale della preghiera levata dal 261° successore di Pietro, il quale aveva anche indirizzato una lettera pubblica ai brigatisti[1]:
«Ed ora le nostre labbra, chiuse come da un enorme ostacolo, simile alla grossa pietra rotolata all'ingresso del sepolcro di Cristo, vogliono aprirsi per esprimere il «De profundis», il grido cioè ed il pianto dell'ineffabile dolore con cui la tragedia presente soffoca la nostra voce.
Signore, ascoltaci!
E chi può ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte? Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo Uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico; ma Tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale, segnato dalla Fede nel Cristo, che è la risurrezione e la vita. Per lui, per lui.
Signore, ascoltaci!
Fa', o Dio, Padre di misericordia, che non sia interrotta la comunione che, pur nelle tenebre della morte, ancora intercede tra i Defunti da questa esistenza temporale e noi tuttora viventi in questa giornata di un sole che inesorabilmente tramonta. Non è vano il programma del nostro essere di redenti: la nostra carne risorgerà, la nostra vita sarà eterna ! Oh! che la nostra fede pareggi fin d'ora questa promessa realtà. Aldo e tutti i viventi in Cristo, beati nell'infinito Iddio, noi li rivedremo!
Signore, ascoltaci!
E intanto, o Signore, fa' che, placato dalla virtù della tua Croce, il nostro cuore sappia perdonare l'oltraggio ingiusto e mortale inflitto a questo Uomo carissimo e a quelli che hanno subito la medesima sorte crudele; fa' che noi tutti raccogliamo nel puro sudario della sua nobile memoria l'eredità superstite della sua diritta coscienza, del suo esempio umano e cordiale, della sua dedizione alla redenzione civile e spirituale della diletta Nazione italiana!
Signore, ascoltaci!
Al termine della preghiera, ascoltata dall'Assemblea in silenzioso raccoglimento, Paolo VI sottolinea ancora la sua paterna partecipazione al dolore di tutti con le seguenti espressioni rivolte ai presenti in Basilica e a quanti altri seguono la celebrazione dalla piazza antistante o attraverso la radio e la televisione.
Prima che termini il rito di suffragio, nel quale abbiamo pregato per la pace eterna di questo nostro fratello, noi leviamo le braccia a benedire quanti sono presenti in questo Tempio o, non avendo potuto trovar posto entro le sue mura, sono restati nella piazza, ed ancora tutti quelli che, pur lontani, sono a noi uniti spiritualmente: in particolare intendiamo abbracciare con questo nostro gesto paterno anche quanti portano nel cuore strazio e dolore per qualche loro congiunto, vittima di simile efferata violenza. Anche per queste vittime si estende la nostra afflitta preghiera. Su tutti invochiamo, apportatrice di serenità e di speranza, la confortatrice assistenza del Signore.»



[1] «Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l'onorevole Aldo Moro. Io non vi conosco, e non ho modo d'avere alcun contatto con voi. Per questo vi scrivo pubblicamente, profittando del margine di tempo, che rimane alla scadenza della minaccia di morte, che voi avete annunciata contro di lui, Uomo buono ed onesto, che nessuno può incolpare di qualsiasi reato, o accusare di scarso senso sociale e di mancato servizio alla giustizia e alla pacifica convivenza civile. Io non ho alcun mandato nei suoi confronti, né sono legato da alcun interesse privato verso di lui. Ma lo amo come membro della grande famiglia umana, come amico di studi, e a titolo del tutto particolare, come fratello di fede e come figlio della Chiesa di Cristo.Ed è in questo nome supremo di Cristo, che io mi rivolgo a voi, che certamente non lo ignorate, a voi, ignoti e implacabili avversari di questo uomo degno e innocente; e vi prego in ginocchio, liberate l'onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni, non tanto per motivo della mia umile e affettuosa intercessione, ma in virtù della sua dignità di comune fratello in umanità, e per causa, che io voglio sperare avere forza nella vostra coscienza, d'un vero progresso sociale, che non deve essere macchiato di sangue innocente, né tormentato da superfluo dolore. Già troppe vittime dobbiamo piangere e deprecare per la morte di persone impegnate nel compimento d'un proprio dovere. Tutti noi dobbiamo avere timore dell'odio che degenera in vendetta, o si piega a sentimenti di avvilita disperazione. E tutti dobbiamo temere Iddio vindice dei morti senza causa e senza colpa. Uomini delle Brigate Rosse, lasciate a me, interprete di tanti vostri concittadini, la speranza che ancora nei vostri animi alberghi un vittorioso sentimento di umanità. Io ne aspetto pregando, e pur sempre amandovi, la prova.» Dal Vaticano, 21 aprile 1978

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