La Vandea dimenticata

L’estate scorsa abbiamo avuto l’ardire di ricordare il genocidio della Vandea – il primo della storia, ma l’ultimo della storiografia – avvalendoci di determinate fonti storiografiche, primo su tutti lo storico francese Pierre Chaunu (1923-2009): in questi giorni ci è capitata sotto mano una pubblicazione che ci ha obbligati a tornare sull’argomento, con ulteriori conferme di quanto già scritto sul genocidio vandeano. Si tratta di un libro del professore Reynald Secher, docente di storia presso il CNRS di Parigi : lo storico ha fatto uso di fonti dirette, ufficiali, depositate negli Archivi Nazionali di Parigi ma – incredibilmente – ancora inedite per la storiografia ufficiale. Come si intuisce già dal titolo del libro, l’attenzione viene concentrata non tanto sul genocidio della Vandea, quanto più sul “memoricidio” operato dalla società francese repubblicana, che non solo ha stravolto il corso della storia sottoponendola a ideologie storpianti, ma ha addirittura reso gli autori del genocidio degli eroi nazionali, intitolando loro strade ed innalzando statue.


I fatti risalgono al biennio 1793-1794. Il 13 marzo 1793 un gruppo di contadini e tessitori prese a sassate la Guardia Nazionale uccidendone il comandante: la goccia che aveva fatto traboccare il vaso della sopportazione vandeana era stata la leva militare obbligatoria, con la quale si chiedeva loro di combattere e rischiare la vita per ideali che non solo non condividevano, ma che erano contrari ai propri valori. Grazie alle ricerche del professor Secher, siamo in possesso dei documenti ufficiali con cui la neonata Repubblica Francese autorizza di fatto la carneficina: il Comitato di Salute Pubblica mise in atto una legge della Convenzione Nazionale con cui si ordinò a soldati, magistrati e forze di polizia di annientare i circa 800 mila abitanti di quel “nido di vespe” chiamato Vandea: la loro colpa era – a dire del Governo e del Parlamento – di essere “indegni di vivere, superstiziosi, succubi dei preti, incapaci di comprendere e condividere i meravigliosi ideali rivoluzionari”.

I tristi metodi di sterminio messi in atto nei due secoli successivi hanno avuto la loro prima attuazione proprio in quegli anni nel piccolo dipartimento occidentale della Francia, ma vergognosamente taciuto dalla Francia Repubblicana: case, città e villaggi rasi al suolo, foreste, campi e sentieri dati alle fiamme non diversamente dagli stermini di Ebrei, Armeni, Russi, Cinesi e Cambogiani che hanno insanguinato gli ultimi due secoli di storia. Testimonianze di annegamenti di massa, forni crematori e disumane pratiche di tortura tolgono ogni dubbio sul fine dell’orribile rappresaglia: la negazione in primis delle responsabilità personali dei mandanti e degli esecutori ed in secondis del fine ideologico dell’azione hanno fatto sì che la Francia Repubblicana – moderna, laica e progressista – si rendesse colpevole di un altro crimine, definito da Sechen ‘memoricidio’, realizzato attraverso l’opportuna rimozione di determinati fatti dalla storiografia ufficiale e la venerazione dei carnefici (Robespierre, Carnot, Tourreau, Carrier).

Una volta condannato senza appello il negazionismo della Shoah e l’apologia di Nazismo, una volta richiesto alla Turchia il riconoscimento del genocidio armeno, una volta processato Pol Pot per i fatti della Cambogia, logica vorrebbe che il riconoscimento del genocidio della Vandea fosse richiesto non solo da una minoranza della popolazione francese, ma dall’intera comunità internazionale, in nome della dignità storica delle vittime e di una storiografia finalmente libera da ogni ideologia.

Nessun commento:

Posta un commento

Il blogger, essendo responsabile penalmente di tutto ciò che viene pubblicato sul suo blog, modererà tutti i commenti, che non saranno pertanto visibili prima della sua approvazione: è richiesta la massima educazione e moderazione nei termini.