Papa Francesco e l'appello per la pace: sulle orme di Benedetto XV e Giovanni XXIII

Era giovedì 25 ottobre 1962: Giovanni XXIII pronunciò in diretta radiofonica uno dei suoi discorsi più famosi e commoventi, invocando la pace su tutta la Terra e scongiurando di fatto lo scontro fra USA e URSS: dopo essere stato trasmesso in diretta il discorso fu tradotto in svariate lingue, comprese - ovviamente - inglese e russo: il tema della pace è sempre stato un tema caro a Giovanni XXIII, che, constatando la delicata situazione internazionale, sì appellò spesso ai governanti del mondo intero perché avessero a cuore la pace mondiale.



Signore, ascolta la supplica del tuo servo, la supplica dei tuoi servi, che temono il tuo nome” (Ne 1,11). Questa antica preghiera biblica sale oggi alle nostre labbra tremanti dal profondo del nostro cuore ammutolito e afflitto. Mentre si apre il Concilio Vaticano II, nella gioia e nella speranza di tutti gli uomini di buona volontà, ecco che nubi minacciose oscurano nuovamente l’orizzonte internazionale e seminano la paura in milioni di famiglie.
La Chiesa - e Noi lo affermavamo accogliendo le ottantasei Missioni straordinarie presenti all’apertura del Concilio - la Chiesa non ha nel cuore che la pace e la fraternità tra gli uomini, e lavora, affinché questi obbiettivi si realizzino. Noi ricordiamo a questo proposito i gravi doveri di coloro che hanno la responsabilità del potere. E aggiungiamo: “Con la mano sulla coscienza, che ascoltino il grido angoscioso che, da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: Pace! Pace!”.
Noi rinnoviamo oggi questa solenne implorazione. Noi supplichiamo tutti i Governanti a non restare sordi a questo grido dell’umanità. Che facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace. Eviteranno cosí al mondo gli orrori di una guerra, di cui non si può prevedere quali saranno le terribili conseguenze.
Che continuino a trattare, perché questa attitudine leale e aperta è una grande testimonianza per la coscienza di ognuno e davanti alla storia. Promuovere, favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra.
Che tutti i Nostri figli, che tutti coloro che sono segnati dal sigillo del battesimo e nutriti dalla speranza cristiana, infine che tutti coloro che sono uniti a Noi per la fede in Dio, uniscano le loro preghiere alla Nostra per ottenere dal cielo il dono della pace: di una pace che non sarà vera e duratura se non si baserà sulla giustizia e l’uguaglianza. Che a tutti gli artigiani di questa pace, a tutti coloro che con cuore sincero lavorano per il vero bene degli uomini, vada la grande benedizione che Noi accordiamo loro con amore al nome di Colui che ha voluto essere chiamato “Principe della Pace” (Is 9,6).


Giovanni XXIII, 25/X/1962, Città del Vaticano

Papa Roncalli si appella dunque ancora una volta alla coscienza dei capi di stato, ponendosi di fronte a “due K” - così la stampa definì Kennedy e Krusciov - come unica via d’uscita per il pericoloso vicolo cieco in cui stavano conducendo il mondo intero: il 28 ottobre l’URSS richiamò le proprie navi in viaggio verso i Caraibi e ordinò la dismissione dei missili atomici nell’isola; il 20 novembre Kennedy dichiarò conclusa la quarantena su Cuba, garantendo di fatto che Cuba non sarebbe stata invasa.

L'Angelus pronunciato ieri da Papa Francesco non può non riportare alla memoria il radiomessaggio indirizzato nel 1962 da Giovanni XXIII a Krusciov e Kennedy: le drammatiche situazioni internazionali sono purtroppo simili, le superpotenze contrapposte sono le stesse - anche oggi sembra profilarsi uno scontro, seppur non frontale, fra USA e Russia -, ed il discorso del Papa argentino sembra ricalcare quello di 51 anni fa di Papa Roncalli, di cui fra l'altro un passo dell'Enciclica Pacem in terris ("a tutti spetta il compito di ricomporre i rapporti di convivenza nella giustizia e nell’amore").

Quest’oggi, cari fratelli e sorelle, vorrei farmi interprete del grido che sale da ogni parte della terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall’unica grande famiglia che è l’umanità, con angoscia crescente: è il grido della pace! E’ il grido che dice con forza: vogliamo un mondo di pace, vogliamo essere uomini e donne di pace, vogliamo che in questa nostra società, dilaniata da divisioni e da conflitti, scoppi la pace; mai più la guerra! Mai più la guerra! La pace è un dono troppo prezioso, che deve essere promosso e tutelato.
Vivo con particolare sofferenza e preoccupazione le tante situazioni di conflitto che ci sono in questa nostra terra, ma, in questi giorni, il mio cuore è profondamente ferito da quello che sta accadendo in Siria e angosciato per i drammatici sviluppi che si prospettano.
Rivolgo un forte Appello per la pace, un Appello che nasce dall’intimo di me stesso! Quanta sofferenza, quanta devastazione, quanto dolore ha portato e porta l’uso delle armi in quel martoriato Paese, specialmente tra la popolazione civile e inerme! Pensiamo: quanti bambini non potranno vedere la luce del futuro! Con particolare fermezza condanno l’uso delle armi chimiche! Vi dico che ho ancora fisse nella mente e nel cuore le terribili immagini dei giorni scorsi! C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire! Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza!
Con tutta la mia forza, chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi, ma di guardare all’altro come ad un fratello e di intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione. Con altrettanta forza esorto anche la Comunità Internazionale a fare ogni sforzo per promuovere, senza ulteriore indugio, iniziative chiare per la pace in quella Nazione, basate sul dialogo e sul negoziato, per il bene dell’intera popolazione siriana.
Non sia risparmiato alcuno sforzo per garantire assistenza umanitaria a chi è colpito da questo terribile conflitto, in particolare agli sfollati nel Paese e ai numerosi profughi nei Paesi vicini. Agli operatori umanitari, impegnati ad alleviare le sofferenze della popolazione, sia assicurata la possibilità di prestare il necessario aiuto.
Che cosa possiamo fare noi per la pace nel mondo? Come diceva Papa Giovanni: a tutti spetta il compito di ricomporre i rapporti di convivenza  nella giustizia e nell’amore.
Una catena di impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà! E’ un forte e pressante invito che rivolgo all’intera Chiesa Cattolica, ma che estendo a tutti i cristiani di altre Confessioni, agli uomini e donne di ogni Religione e anche a quei fratelli e sorelle che non credono: la pace è un bene che supera ogni barriera, perché è un bene di tutta l’umanità.
Ripeto a voce alta: non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto quella che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli, ma questa: la cultura dell’incontro, la cultura del dialogo; questa è l’unica strada per la pace.
Il grido della pace si levi alto perché giunga al cuore di tutti e tutti depongano le armi e si lascino guidare dall’anelito di pace.
Per questo, fratelli e sorelle, ho deciso di indire per tutta la Chiesa, il 7 settembre prossimo, vigilia della ricorrenza della Natività di Maria, Regina della Pace, una giornata di digiuno e di preghiera per la pace in Siria, in Medio Oriente, e nel mondo intero, e anche invito ad unirsi a questa iniziativa, nel modo che riterranno più opportuno, i fratelli cristiani non cattolici, gli appartenenti alle altre Religioni e gli uomini di buona volontà.
Il 7 settembre in Piazza San Pietro - qui - dalle ore 19.00 alle ore 24.00, ci riuniremo in preghiera e in spirito di penitenza per invocare da Dio questo grande dono per l’amata Nazione siriana e per tutte le situazioni di conflitto e di violenza nel mondo. L’umanità ha bisogno di vedere gesti di pace e di sentire parole di speranza e di pace! Chiedo a tutte le Chiese particolari che, oltre a vivere questo giorno di digiuno, organizzino qualche atto liturgico secondo questa intenzione.
A Maria chiediamo di aiutarci a rispondere alla violenza, al conflitto e alla guerra, con la forza del dialogo, della riconciliazione e dell’amore. Lei è madre: che Lei ci aiuti a trovare la pace; tutti noi siamo i suoi figli! Aiutaci, Maria, a superare questo difficile momento e ad impegnarci a costruire ogni giorno e in ogni ambiente un’autentica cultura dell’incontro e della pace.
Papa Franceso, 01/IX/2013, Città del Vaticano

51 anni fa Papa Roncalli diede voce al "grido angoscioso che, da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: Pace! Pace!"; ieri Papa Francesco si è voluto fare "interprete del grido che sale da ogni parte della terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall’unica grande famiglia che è l’umanità, con angoscia crescente".

Il Papa che viene dalla fine del mondo ha invitato a riflettere su "quanta sofferenza, quanta devastazione, quanto dolore ha portato e porta l’uso delle armi in quel martoriato Paese", come il radiomessaggio del '62 fu l'esortazione ad evitare "gli orrori di una guerra, di cui non si può prevedere quali saranno le terribili conseguenze".

E proprio come allora, anche oggi il Papa indica come unica via possibile per la salvaguardia del creato il dialogo e la diplomazia. Giovanni XXIII incitò a "continuare a trattare, perché questa attitudine leale e aperta è una grande testimonianza per la coscienza di ognuno e davanti alla storia. Promuovere, favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra". Allo stesso modo ieri il Papa ha esortato "con altrettanta forza anche la Comunità Internazionale a fare ogni sforzo per promuovere, senza ulteriore indugio, iniziative chiare per la pace in quella Nazione, basate sul dialogo e sul negoziato, per il bene dell’intera popolazione siriana".

Infine la citazione più chiara e diretta di Papa Bergoglio: "Come diceva Papa Giovanni: a tutti spetta il compito di ricomporre i rapporti di convivenza nella giustizia e nell’amore". Si tratta di una citazione dell'enciclica del '63 Pacem in terris, ma già nel messaggio del 25 ottobre '62 il Papa Buono si espresse negli stesis termini: "la pace non sarà vera e duratura se non si baserà sulla giustizia e l’uguaglianza. Che a tutti gli artigiani di questa pace, a tutti coloro che con cuore sincero lavorano per il vero bene degli uomini, vada la grande benedizione che Noi accordiamo loro con amore al nome di Colui che ha voluto essere chiamato 'Principe della Pace'."

Impossibile non ritrovare nel discorso di ieri le nobili eredità di tre grandi Papi del XX secolo. In primis Benedetto XVI, che nel 1914 si appellò a tutti i 'Capi dei popoli belligeranti' perché evitassero un'inutile strage, invocando una pace "giusta e duratura". Infine la frase "mai più la guerra", citazione di Paolo VI, ripresa poi da Giovanni Paolo II. Lunedì 4 ottobre '65 Papa Montini tenne un discorso alle Nazioni Unite, affermando: "basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell'intera umanità". Domenica 16 marzo 2003 fu invece Giovanni Paolo II a ripetere l'appello di Paolo VI: "Ho vissuto la guerra ed ho il dovere di dire 'Mai più guerra!'" disse il Beato polacco in riferimento alla crisi irakena ormai prossima a tramutarsi in guerra vera e propria.

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