Un’introduzione al dibattito sul continuismo

Il pensiero medievale ha contribuito allo sviluppo della scienza moderna o, viceversa, lo ha ostacolato? La scienza del Medioevo e quella dell’età moderna sono tra loro in un rapporto di continuità o di discontinuità?

Queste domande sono alla base del cosiddetto dibattito sul continuismo; la secolare questione, cioè, che riguarda il rapporto tra la scienza medievale e quella moderna.

A partire dal XVII secolo, il Medioevo cominciò ad essere considerato un periodo di stagnazione filosofica. Tra 1600 e 1800 molti furono gli autori che si espressero negativamente sul ruolo della filosofia e della scienza medievale. Così fecero Francesco Bacone (il quale considerava l’età di mezzo come momento tutt’altro che propizio per la scienza), Voltaire ed il suo contemporaneo Condorcet (i quali consideravano la mentalità medievale come brutale e semplicistica e il trionfo del Cristianesimo come il segno della decadenza scientifico-filosofica); così pensava anche Burckhardt quando si trovò a riflettere sul concetto di Rinascimento. Per tutti questi autori, la scienza della prima modernità aveva un grosso debito nei confronti degli antichi ma non possedeva alcun legame con il pensiero medievale.
Il giudizio sul pensiero medievale, in particolare quello scientifico, fu rivisto solo a partire dal Novecento grazie al fisico e filosofo francese Pierre Duhem. Egli fu il primo ad impostare una totale ed organica rivalutazione della filosofia della natura medievale, ritenendo che la scienza dell’età di mezzo avesse non soltanto un innegabile valore intrinseco ma anche un ruolo fondamentale nell’aver ispirato la Rivoluzione Scientifica dei secoli XVI e XVII. Per la prima volta, s’invocava la presenza di un tratto di continuità tra la scienza medievale e quella moderna; grazie ai pioneristici studi di Duhem si cominciò a parlare di un processo di transizione tra il pensiero scientifico del Tardo Medioevo e le innovazioni scientifiche del Cinque-Seicento.

La cosiddetta tesi continuista del filosofo francese si basava su due assunti fondamentali:

L’importanza della condanna del 1277: secondo Duhem, il 1277 doveva essere considerato l’anno iniziale della scienza moderna. Con la condanna di 219 proposizioni, il vescovo parigino Stefano Tempier consentì la liberazione del Cristianesimo dall’aristotelismo e dal neoplatonismo permettendo un vero e proprio cambiamento di paradigma filosofico-scientifico.

Gli studi scientifico-filosofici del XIV secolo che seguirono alla condanna del 1277 portarono alla nascita di nuovi concetti scientifici (tra cui quello buridaniano di impetus). Gli ideatori dei suddetti concetti furono, in particolare, i Doctores Parisienses cui Duhem attribuì il ruolo di precursori di Galileo.

La coraggiosa posizione dello scienziato francese rappresentò un’autentica svolta nell’interpretazione storico-filosofica del pensiero medievale.

Fu Duhem a dare inizio, propriamente, al dibattito sul continuismo; dibattito cui, nel corso del Novecento, presero parte diversi studiosi trai quali M. Clagett, A. Maier, A. C. Crombie, A. Koyrè e T. Kuhn.

Maier, in particolare, cercò di migliorare la posizione di Duhem criticandola nelle sue debolezze più manifeste. L’errore principale del Francese, secondo la paleografa tedesca, fu quello di guardare il pensiero medievale con occhi troppo moderni: la Tarda Scolastica non ha conosciuto una fisica nel senso stretto proprio del Seicento ma ha elaborato una filosofia della natura che ha superato l’aristotelismo. È inoltre sbagliato prendere in considerazione soltanto la scuola parigina: la scuola oxoniense ha avuto un peso altrettanto importante nello sviluppo della scienza.

La Maier ebbe, infine, il merito di guardare ai testi latini con più attenzione rispetto a Duhem. Nonostante le aspre critiche rivolte al filosofo francese, però, non si può dire che la paleografa tedesca abbia respinto la tesi continuista: gli argomenti utilizzati dalla Maier sono gli stessi di Duhem ma espressi in forma più organica e scrupolosa.

Dopo i lavori di Duhem, nessuno studioso ha più potuto ignorare la portata del pensiero medievale per lo sviluppo della scienza moderna: sia che si scelga una posizione discontinuista sia che si propenda per un’interpretazione continuista, infatti, è ormai inevitabile concepire la produzione scientifica dell’età di mezzo come una realtà storico-filosofica accertata cui occorre destinare una lettura ed un’interpretazione proprie. Per quanto le critiche a Duhem, inoltre, siano state numerose e serrate, è difficile registrare oggi tesi radicalmente discontinuiste. La maggior parte degli studiosi propende attualmente per una posizione moderatamente continuista: si ammette finalmente il ruolo decisivo del pensiero medievale per lo sviluppo della scienza moderna ma, al contempo, si evita la creazione di anacronismi dovuti alla decontestualizzazione di alcune teorie medievali di filosofia naturale.

Il dibattito sul continuismo, comunque, non ha una semplice soluzione; scrive a questo proposito Lindberg: «If the debate were amenable to easy resolution, it would have ended long ago» (tr. it.: “Se il dibattito fosse soggetto a facile soluzione, sarebbe finito molto tempo fa”; cfr. D. C., Lindberg, The beginnings of Western Science: the European scientific tradition in philosophical, religious, and institutional context, University of Chicago Press, London, 1992, p. 360).

Nonostante ciò, si può affermare che la controversia in questione sia stata tutt’altro che sterile. Essa continua a fornire, infatti, interessanti spunti di lavoro a storici della scienza e filosofi.


Nota bibliografica: per un’introduzione al dibattito sul continuismo si legga D. C., Lindberg, The beginnings of Western Science: the European scientific tradition in philosophical, religious, and institutional context, University of Chicago Press, London, 1992 (ho seguito questo testo nella stesura dell’articolo) e J. E., Murdoch, «Pierre Duhem and the History of late medieval Science and Philosophy in the latin west», in Gli studi di filosofia fra Otto e Novecento: contributo a un bilancio storiografico: atti del Convegno internazionale: Roma, 21-23 settembre 1989, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 1991, pp. 224-302.

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