L'auspicio è arrivato ancora una volta l’altro ieri dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Ritengo – ha dichiarato poco dopo la sentenza definitiva di condanna a Silvio Berlusconi – che ora possano aprirsi condizioni più favorevoli per l’esame, in Parlamento, di quei problemi relativi all’amministrazione della giustizia, già efficacemente prospettati» nella relazione dei cosiddetti "saggi". Di quali problemi si tratta?

Problemi gravissimi. Eppure, il terreno delle possibili riforme resta zeppo di mine "ideologiche" che rallentano o bloccano l’iter delle proposte. Una base di partenza resta quella della "bozza" di ipotesi contenuta nella relazione finale dei "saggi" indicati dal capo dello Stato (Mario Mauro, Valerio Onida, Gaetano Quagliariello e Luciano Violante), che contiene 5 pagine con indicazioni sugli obiettivi (dalla «riduzione dell’ipetrofia del contenzioso», al «rispetto effettivo di tempi ragionevoli di durata» dei processi) e proposte concrete, come quella di «considerare eventuali condotte riparatorie come cause estintive del reato in casi lievi» o rendere «inappellabili le sentenze d’assoluzione» per fatti minori. Lo scopo è alleggerire l’enorme mole di contenzioso e sul punto concordano anche singole proposte di legge dei partiti (Pd e Pdl ma anche altri).
C’è poi il tema della prescrizione: esperti come l’ex procuratore antimafia, ora presidente del Senato, Pietro Grasso, hanno suggerito – anche attraverso le pagine di Avvenire – che essa venga «abolita dopo il rinvio a giudizio, come avviene in altri Paesi, affinché i processi vadano a compimento». Sul piano civile, per contenere la mole di procedimenti intervenendo nella fase che precede il giudizio, il governo ha riproposto l’istituto della mediazione obbligatoria, reintroducendolo nel «Dl del Fare», dopo la bocciatura della Consulta per eccesso di delega. La norma non è ancora legge e le associazioni dell’avvocatura, contrarie, restano in attrito col ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, che si è espressa contro le «grandi lobby» che frenano il Paese. Il Guardasigilli ha messo al lavoro due commissioni di esperti che dovrebbero presentare risultati e proposte «entro settembre-ottobre»: una sulla giustizia civile; un’altra sulla depenalizzazione di reati minori per far calare il contenzioso.
Il terzo ambito riguarda le carceri e richiederebbe la massima urgenza da parte del Parlamento, che nella scorsa legislatura non volle dedicare una corsia preferenziale all’ampliamento della possibilità per i detenuti, di accedere a misure alternative alla detenzione, che potrebbero sfoltire di 15-20mila unità i penitenziari, riportandoli a condizione minime di dignità. Ci sono infine altre possibili riforme, a cui da anni risulta difficile metter mano per via del clima politico incandescente, ad iniziare da quelle sull’uso e sulla divulgabilità delle intercettazioni o quelle che riguardano la magistratura, che investirebbero profili di natura costituzionale e sulle quali centrodestra e centrosinistra di accapigliano senza requie. E mentre il tempo passa, il Paese vive una situazione drammatica in molti settori essenziali per la vita dei cittadini, per le imprese e per la pubblica amministrazione.
da Avvenire.it
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