Caso Esposito: l'ennesimo tassello di un puzzle inquietante


Il 18 settembre 1998 si consumava il primo procedimento del Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti del dottor Antonio Esposito, accusato di “avere gravemente mancato ai propri doveri, rendendosi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui il magistrato deve godere, compromettendo il prestigio dell’ordine giudiziario”. Si indagava circa l’utilizzo improprio degli uffici giudiziari, un incarico extra-lavorativo del magistrato, una presunta minaccia nei confronti di un cancelliere ed un procedimento risalente a 7 anni prima, quando Esposito si trovava a Sala Consilina. “Il dott. Esposito ha celebrato nel giugno 1991 un procedimento giudiziario per il reato di interruzione di pubblico servizio senza che tale procedimento fosse compreso fra quelli a lui assegnati: la scelta di trattare il procedimento in questione era dettata dal desiderio del dott.Esposito di coltivarla propria immagine attraverso la celebrazione di un processo che per la notorietà dell’imputata avrebbe interessato gli organi di informazione. Tale spirito di protagonismo inoltre ha indotto il magistrato in questione a riservarsi la trattazione delle questioni più eclatanti e delicate”. Il dovere di cronaca impone ovviamente che si chiarisca che il magistrato sia stato assolto. Tuttavia i fatti rendono necessaria una considerazione.

Alcuni mesi fa un sondaggio dichiarava che un italiano su tre era convinto della persecuzione giudiziaria di Berlusconi: sarebbe molto interessante non solo ripetere il sondaggio in questi giorni, ma anche proporne un altro, chiedendo agli italiani se avrebbero assegnato il processo Mediaset ad un magistrato indagato due volte dal CSM ed accusato fra l’altro di “protagonismo”. Il buon senso porterebbe certamente ad una risposta negativa ma – si sa – l’Italia non è il Paese del buon senso. E allora ci troviamo ancora una volta impossibilitati a dar del matto a chi definisce politicizzata la magistratura: ci troviamo anzi di fronte all'ennesimo tassello di un puzzle che, seppur ancora frammentario, sembra tratteggiare sempre più i contorni di una magistratura malata, debole ed incapace di emanciparsi da un determinato potere politico, e dobbiamo dunque prendere atto che oggi, più che in ogni altro momento, dobbiamo difendere a denti stretti la nostra Italia democratica.

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