L'Osservatorio Romano ultimo baluardo: ritorno al Medioevo

C'era una volta il Medioevo. Lasciando perdere le favolistiche ricostruzioni di un periodo buio in cui Inquisizione e cavalieri oscuri seminavano il terrore in ogni dove, rimane un quadro ben più realistico: una società in cui le istituzioni cristiane ricoprivano nella stragrande maggioranza dei casi il ruolo di gestori della cultura. Attraverso la conservazione di manoscritti o opere d'arte e con lo studio del passato la Chiesa ha fatto sì che quel millennio di storia da tutti definito "buio" ci potesse regalare le testimonianze dei fasti della storia antica e aggiungerne di nuovi.

Oggi la realtà dei fatti ci impone una riflessione, resa ancor più evidente dagli ultimi eventi: l'Osservatore Romano ha difatti pubblicato nei giorni scorsi un articolo sull'ultima fatica letteraria di Dan Brown, Inferno. I giudizi sono così chiari da riuscire a sintetizzare l'intero articolo in poche righe: "pare tratto da un sito stile tripadvisor. Imprecisioni, assurdità, comici strafalcioni. E una certa simpatia per le tesi transumaniste e malthusiane già smentite dalla storia. Insomma, pronto per il cinema".

Come mai un articolo del genere ha suscitato tanto scalpore? Forse perché andava contro una comune convinzione che il romanzo in questione fosse un capolavoro? E chi ha contribuito a rendere diffusa questa convinzione? Incredibile a dirsi ma anche stavolta la colpa sembra essere della stampa nazionale e dei media, che fanno sì che una sottocultura di per sé destinata a morire diventi cultura dominante: ecco dunque che ci ritroviamo ancora una volta nel Medioevo. Non è triste dover prendere atto che ancora oggi la Chiesa è una delle poche risorse culturali della nostra società? Non è triste prendere atto di come una "strategia dell'occupazione" dei ruoli di rilievo nella cultura, messa in atto da parte di una determinata forza politica nell'ultimo mezzo secolo, stia consegnando l'Italia all'ignoranza più assoluta, alla negazione della stessa cultura occidentale di cui è stata culla? La domanda è retorica, ma la risposta deve essere forte e decisa, perché l'Italia non dimentichi quello che è.

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