No alla vivisezione: sì alle cavie umane?

Mancano due settimane alla chiusura della raccolta firme di Stop Vivisection e la petizione corre verso il milione di sottoscrizioni: lo sbarramento fissato è stato superato in otto paesi del Vecchio Continente, e ora mancano poco più di un decimo delle adesioni necessarie per poter presentare alla Commissione europea il sollecito all’abrogazione della direttiva sulla sperimentazione sugli animali e a presentare un nuovo testo che la vieti del tutto. Il seguito non manca quindi alla raccolta, supportata pure dal blog di Beppe Grillo, ma ciò che continua a sollevare perplessità in ambito scientifico è la mancanza di alternative efficaci a quel tipo di sperimentazione.



LE OBIEZIONI DEGLI SCIENZIATI. L’iniziativa si prefigge di abolire l’uso delle cavie nei laboratori per rendere obbligatorio il ricorso a «dati specifici per la specie umana», si legge sito internet di Stop Vivisection. Difficile però per molti ricercatori capire cosa significhi questa formula. Nei laboratori i test farmacologici sugli animali sono attualmente fondamentali per passare dall’analisi in vitro a quella in vivo. Esistono, è vero, alternative sperimentali di sistemi in vitro, basate su cellule umane: bioreattori, organ-on-a-chip, eccetera. «Il problema è che, seppur avanzati, questi sistemi sono allo stadio assolutamente iniziale», è la spiegazione di Dario Padovan, biologo e coordinatore del comitato scientifico di Pro-Test Italia. «Forse tra 20 anni riusciremo a ridurre attraverso di essi l’uso di animali in laboratorio, ma in vitro riusciremo solo a sperimentare la tossicità di un farmaco, che è lo scopo per cui si usa poco più del 10 per cento delle cavie. Rimarrebbero “scoperti” tanti altri fini per cui un farmaco si testa sugli animali: capire i meccanismi patologici, come funziona un organismo, testare una protesi, un impianto cocleare…».

TESTARE SUBITO SULL’UOMO? Molti scienziati osservano che fermare totalmente la sperimentazione sugli animani rischia di rappresentare un danno per la salute delle persone. Perché significa eliminare nei test farmacologici tutti i passaggi precedenti alla sperimentazione sull’uomo, che è solo l’ultimo step di una lunga catena sperimentale che parte dagli organismi più semplici per arrivare a quelli superiori. Che fare allora in alternativa? Passare direttamente ai test sull’uomo? Al di là delle proposte estremiste avanzate su alcuni siti e blog animalisti, ossia sfruttare carcerati, stupratori o pedofili, sussistono non pochi problemi nell’affidarsi a cavie umane, a partire dalla non riproducibilità degli esperimenti, dovuta alla mancanza di un campionario omogeneo di individui (le cavie da laboratorio invece provengono da una progenie ampia e simile, ottenuta attraverso incroci). Inoltre si alzerebbe il livello di pericolosità dei test (oggi diminuito grazie al passaggio del farmaco attraverso vari step con diverse specie animali coinvolte), per ognuno dei quali, per di più, il numero di “cavie umane” a disposizione sarebbe alquanto basso. Un altro problema sarebbe la mancanza di individui “germ free”, impossibili da trovare tra persone che vivono a contatto con ambienti esterni.

SPERIMENTARE SUGLI EMBRIONI. Incontrano non pochi dubbi pure i progetti di sperimentazione su embrioni umani, come Esnats, programma che dal 2010 riceve fondi europei: a parte le obiezioni di natura etica, anche per questo tipo di test il numero di “cavie” a disposizione è basso, e soprattutto le cellule in vitro non sono poi così vicine a un organismo umano sviluppato. Nonostante gli animalisti sostengano con tutte le loro forze lo sviluppo di questi metodi alternativi, la verità arriva dai laboratori: a offrire la maggiore attendibilità ai ricercatori sono i test sugli animali. Contrariamente a quanto affermano gli slogan pubblicitari anti-vivisezione, dalle cavie si riesce ad arrivare a modelli biologicamente rilevanti per l’uomo, basati su una similarità dovuta ai caratteri conservativi che permangono negli individui durante l’evoluzione.

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