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4. Filosofia - Nietzsche: La Nascita della Tragedia


“ NUNZIO: Ho visto le Baccanti auguste, che in preda a un estro hanno fiondato lungi di qui le bianche membra. Vengo a dire a te, signore, e alla città che cose tremende fanno, che vanno al di là d’ogni prodigio. Ma vorrei sapere se ciò che accade là posso svelarlo liberamente (παρρησία frazw) o devo attenuare il mio racconto: temo la veemenza, sire, del tuo carattere, la collera impetuosa, il tuo fare da tiranno. 
PÈNTEO: Parla, ché avrai l’impunità. Chi è giusto non merita la collera. Ma quanto più grave sarà quello che dirai delle Baccanti, tanto più costui, che questi modi suggerì alle donne, avrà da me le meritate pene. „ 
Euripide, Le Baccanti, vv.664-676


Ne Le Baccanti di Euripide la parola parresia è presente in un brevissimo passo, un momento di transizione in cui uno dei servi di Pènteo riferisce al suo re a proposito dei disordini che le Menadi stanno sollevando nella comunità e delle loro azioni. Tuttavia la tradizione antica vuole che il messaggero che porta buone notizie sia gratificato e ricompensato, mentre quello che ne porta di cattive subisca in prima persone le conseguenze di tali cattive notizie: si spiega dunque così la richiesta del nunzio, che chiede se parlare liberamente (cit. parrhsia  frazo) o mitigare il racconto per preservare la propria persona da eventuali punizioni da parte del sovrano. Pènteo risponde garantendogli l’impunità, affermando che “chi è giusto non merita la collera”. Appare dunque evidente come nel V secolo a.C. l’uomo greco si trovasse di fronte un nuovo problema: il parresiastes non è del tutto libero, mentre chi detiene la libertà assoluta non possiede la verità. Ecco dunque una nuova soluzione che la cultura greca dei tempi di Pericle riesce ad individuare, il ‘contratto parresiastico’: il re, possedendo il potere ma non la verità, si rivolge a chi possiede quest’ultima ma è sottomesso alla volontà di un sovrano, garantendogli l’immunità indipendentemente da ciò che dirà, poiché – qualsiasi cosa ascolterà – sarà la verità. L’idea di parresia si appresta dunque a divenire a partire dal V secolo a.C. un privilegio speciale da garantire ai migliori cittadini, ai più onesti della città. Si tratta di un’obbligazione esclusivamente morale, senza alcun fondamento giuridico, ma non per questo non valido né meno credibile. Il contratto rappresenta dunque una limitazione del rischi che il parresiastes si assume al momento di dire la verità: il messaggero di Pènteo, seppur coraggioso, si cautela, proponendo di fatto il patto al suo re.

Il filologo e grecista irlandese Eric Dodds, curatore di una delle più celebri edizioni de Le Baccanti (1944) sostiene che mentre Sofocle si limitò a contribuire alla cultura greca in quanto tragediografo Euripide fu un pensatore di spessore incommensurabilmente superiore al suo contemporaneo, essendosi dimostrato capace di inserire nelle sue tragedie significati teoretici di portata tutt’altro che irrilevante. Nietzsche non sarebbe stato minimamente d’accordo con tali affermazioni: nella Nascita della Tragedia (1872) egli esprime un giudizio negativo su Euripide, considerandolo assolutamente incomparabile ad Eschilo e anche a Sofocle perché, portando sulla scena lo spettatore, si era fatto propagandista di un’estetica razionalizzante che uccideva la tragedia. Tale giudizio non è altro che la logica conseguenza del concetto che anima l’intera opera giovanile del filosofo tedesco: egli difatti si propone di smantellare la rappresentazione di una Grecia antica ideale di bellezza, leggiadria, equilibrio e serenità, considerata nient’altro che un’illusione della cultura romantica europea. Solo l’arte della tragedia secondo Nietzsche consente di comprendere quale fosse il vero spirito ellenico, mirabile fusione di dionisiaco e apollineo. La parte musicale dell’opera – il canto e la danza – sono rappresentazione del dionisiaco, specchio del vitale ed istintuale caos del mondo; mentre il dionisiaco si manifesta nelle vicende dell’eroe protagonista, come sembianze organizzate che si oppongono al caos primigenio. Euripide, a giudizio di Nietzsche, aveva mutilato la tragedia privandola del suo spirito dionisiaco.

La posizione di Nietzsche non fu l’unica di aperta critica nei confronti di Euripide, né la prima: nel 1808 August Wilhelm Schlegel, letterato e critico tedesco, aveva accusato il tragediografo di realismo, razionalismo e immoralismo. Dei tre capi d’accusa di Schlegel, Nietzsche ne avrebbe condivisi sicuramente due, trovandosi tuttavia in disaccordo sull’immoralismo: egli infatti considerava addirittura motivo di condanna il moralismo che intossicava il mondo greco a partire dai tempi di Socrate. Nietszche dunque condivide solo parzialmente la posizione di Schlegel; e tuttavia né l’una né l’altra hanno avuto la forza di sovrastare nel corso degli anni le più fortunate tesi di Dodds.

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