30 aprile '45: la morte di Hitler, l'ultima farsa del Terzo Reich

Il 30 aprile 1945 è stata sicuramente una delle date più importanti della storia recente del Vecchio Continente: proprio in quel lunedì - un lunedì di guerra fra itanti che la Germania viveva oramai da oltre 5 anni - nel Führerbunker di Berlino Adolf Hitler compiva l'estremo folle gesto di un'esistenza altrettanto folle, ponendo fine alla sua vita ed a quella della mogli Eva Braun. Si concludeva così, dopo soli 12 anni, il Terzo Reich, nato dalle ambizioni del dittatore con speranze di una millenaria sopravvivenza; lo stesso Hitler era probabilmente convinto delle possibilità della sua creazione di sopravvivere a lungo alla sua morte, ma così non fu: ottennero difatti il titolo di Cancelliere del Terzo Reich solamente Joseph Goebels e Lutz Graf Scwerin von Krosigk. Quest'ultimo fu costretto alla resa incondizionata il 23 maggio, solo tre settimane dopo la morte di Hitler. Joseph Goebbels invece mantenne il titolo per meno di 48 ore: già Ministro plenipotenziario per la mobilizzazione alla guerra totale e generale della Wehrmacht con l'incarico della difesa di Berlino, divenne a tutti gli effetti Cancelliere alla morte di Hitler, per poi suicidarsi insieme alla moglie e ai suoi 6 figli: fu l'ultimo gesto di un uomo devoto al suo Fuhrer, in onore del quale aveva chiamato tutti i suoi figli con nomi che inziassero con la lettera H di Hitler, di un uomo che nel suo testamento scrisse di aver disobbedito al Fuhrer solo abbandonando la carica di Cancelliere con quella capsula di cianuro il 1° maggio 1945.

Solo due giorni prima Adolf Hitler aveva fatto lo stesso, manifestando tuttavia anche in quest'ultimo gesto la follia del suo ego: egli muore infatti non per effetto del cianuro, ma per un colpo di rivoltella che si rivolse alla tempia, non fidandosi del veleno portatogli. Le ultime ore della vita del Fuhrer sono le ore di un uomo che si avvicina alla morte certa con lo stesso atteggiamento con cui ha trascorso i precedenti 53 anni: complici sicuramente i pesanti farmaci anfetaminici di cui faceva uso da mesi, alternava brevi momenti di lucidità a ascessi di ira e manifestazioni di una pazzia oramai innegabile, senza però lasciare mai il suo bunker, se non per pochi minuti, per assistere a qualche parata degli uomini che la sua follia stava portando alla morte sul fronte di una guerra che nessuno in Germania credeva di poter vincere.
In una tale situazione è facile immaginare l'effetto che possa aver avuto in Hitler la notizia della resa firmata a sua insaputa da Himmler il 23 aprile: la condanna a morte dell'ex capo della polizia e delle forze di sicurezza è immediata, ma la sua fuga ne impedisce l'esecuzione. Muore suicida il 23 maggio, caduto in mani alleate. La malsana mente di Hitler accelera i tempi di un epilogo della sua vita probabilmente già da tempo prevista: il 29 aprile sposa l'amante Eva Braun, nell'ultima farsa orchestrata da un uomo che ha fatto della sua stessa vita una tragica commedia: il 1° maggio - la festa dei lavoratori nella quale Stalin vuole a tutti i costi festeggiare una vittoria in guerra - la radio del Reich annuncia che "Il nostro amato Führer, Adolf Hitler, è morto combattendo fino all' ultimo per la difesa di Berlino". In vita come nella morte, nella persone come nel mito da lui stesso creato, Adolf Hitler ha rappresentato, esasperandolo, il potere della menzogna, mostrandoci dove può tristemente spingersi l'odio umano in un ambiente fatto di falsi ideali.

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