La Grecia alla Germania: "Il prezzo della storia"


 Italia-Germani degli europei di calcio di questa estate è stata vista da più di qualcuno come la rivincita dei “poveri” sui “ricchi”, di chi a livello politico, subisce le prese di posizione altrui, di chi insomma per il proprio governo aveva scelto - citando un noto slogan della scorsa campagna elettorale - “la Germania giusta”. E lo spot provocatorio del PDL non è che un indizio di un sentimento diffuso, che vede la recente politica italiana diretta nientemeno da Berlino tramite il fidato Monti. E allora, per un popolo come il nostro, che perde una partita di calcio come se fosse una guerra - citazione di Winston Churchill -, una bella rivincita sul rettangolo verde è u8na gran bella soddisfazione. Chi invece fra i “poveri” d’Europa ha intenzione di prendersi una bella rivincita su Merkel & Co. sembra la Grecia, che ha comunicato nei giorni scorsi di avere l’intenzione di avanzare una richiesta da 162 miliardi di euro come risarcimento per l’occupazione nazista subita durante la Seconda Guerra Mondiale: la cifra è stata calcolata da una commissione segreta di “saggi” (almeno all’estero fanno qualcosa...), ed il governo di Atene non ha né smentito né confermato l’intenzione di rendere pubblico il risultato dei lavori. “La decisione se pubblicarlo sarà presa al massimo livello, e non è questo il momento di aprire un nuovo scontro con Berlino” fa sapere l’esecutivo ellenico. La cifra sembrerebbe essere data dalla somma di 108 miliardi dovuti alla ricostruzione postbellica e a 54 miliardi versati coattamente nelle casse degli invasori dopo l’occupazione tedesca del biennio 1942-1944.

Si tratta di un episodio che riapre un fascicolo della storia recente del nostro continente mai chiuso - o forse mai aperto - sicuramente per volontà ben precise, ovvero le responsabilità economiche della Seconda Guerra Mondiale. Nelle tavolo del trattato di pace di Parigi nel 1947 prevalse la volontà statunitense di non ripetere l’errore compiuto a Versailles alla fine della Grande Guerra, con cui la Germania fu condannata a pagare tali indennità di guerra e tali restrizioni politiche da far definire dagli storici questa pace “cartaginese”, per le condizioni eccessivamente dure e gravose inflitte agli sconfitti. E tuttavia la storiografia moderna ancora discute sull’eventuale leggerezza dei trattati del secondo dopoguerra, che obbligarono sì la Germania a riconoscere indennità a Israele, URSS, USA, Belgio e Francia, ma lasciarono il timore che si trattasse di cifre irrisorie dinanzi all’incommensurabile gravità delle azioni naziste. Rimane inoltre l’ulteriore lacuna storica sui risarcimenti mai riconosciuti da Germania ed Unione Sovietica nei confronti dei prigionieri di guerra costretti ai lavori forzati, manodopera preziosissima per la sopravvivenza e la crescita dell’economia dei due paesi. Di vicende simili l’Europa ne è piena, con protagonisti da una parte i tedeschi, dall’altra non solo americani, inglesi e francesi , ma anche noi italiani: due mesi fa il Tribunale dell’Aja ha creato un pericoloso precedente accogliendo il ricorso della Germani per interrompere il pagamento dei rimborsi tedeschi per la distruzione del paese di Civitella (provincia di Arezzo) con oltre 200 vittime. “Un tribunale penale non può condannare uno stato sovrano che gode dell’immunità prevista dal diritto internazionale” ha sentenziato l’Aja: l’Italia dunque non potrà mai più chieder risarcimenti alla Germania per i numerosissimi eccidi nazisti. La vicenda, nonostante risalga a 60 anni fa, è di strettissima attualità: si tratta di una storia ancora tutta da scrivere, che aspetta solo la volontà politica di essere scritta, perché l’Europa del domani non sia scritta solo con l’inchiostro tedesco.

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