La critica di Filopono alla fisica aristotelica: la teoria della forza impressa e l’unificazione della dinamica


Giovanni Filopono è un filosofo cristiano vissuto tra il 490 e 570 d.C. ad Alessandria d’Egitto. Fu allievo di Ammonio presso la Scuola di Alessandria e ne ereditò la direzione alla morte del maestro. Filopono condusse il massimo attacco contro la scienza aristotelica del proprio tempo; egli, infatti, mise in discussione la visione aristotelica del mondo, quale era stata accolta ed adattata dall’ambiente neoplatonico in cui lavorava. L’opposizione ad Aristotele da parte di Filopono minò pesantemente il paradigma aristotelico e, nello specifico, rivoluzionò gli assunti concernenti il movimento. L’attacco di Filopono ad Aristotele si basò, probabilmente, su un’osservazione più attenta della natura. Secondo l’Alessandrino, infatti, l’osservazione della realtà corrobora un’opinione molto più di una mera argomentazione verbale.

Uno dei luoghi più celebri dell’opposizione di Filopono alla fisica aristotelica è la rivendicazione dell’esistenza del vuoto, negata da Aristotele. Lo Stagirita porta, tra le prove dell’inesistenza del vuoto, il fatto che in esso il movimento sarebbe impossibile perché istantaneo. Il moto, secondo Aristotele, può avvenire solo nel pieno e il tempo di caduta verso il basso dipende dal peso del corpo e dalla densità del mezzo. Per Filopono, invece, il corpo mantiene la propria tendenza verso il basso, anche se non ha nulla da attraversare; il movimento, cioè, può avvenire nel vuoto. Per Filopono, inoltre, non sussiste la proporzionalità diretta, sostenuta da Aristotele, tra densità del mezzo e tempo impiegato a perforarlo. Il mezzo, però, ha comunque un’influenza nella dinamica dei gravi: rallentando la tendenza verso il basso propria del corpo (dovuta al peso), esso produce un attrito. L’idea di Filopono è la seguente: se i corpi si muovessero nel vuoto, essi percorrerebbero una certa distanza in un certo tempo originario. Al tempo originario, però, va sommato il tempo addizionale dovuto alla resistenza prodotta dal mezzo la quale è, inoltre, direttamente proporzionale alla densità del mezzo stesso. I corpi, quindi, secondo Filopono, hanno un attributo intrinseco che li porta a cadere: il peso. Questo attributo non si annullerebbe neppure nel caso in cui, attorno al corpo, vi fosse il vuoto.

Filopono critica anche la concezione aristotelica del moto violento nel suo commento alla Fisica e, proprio in questo contesto, introduce la sua personale teoria dell’impetus.

Filopono propone una critica feroce ad Aristotele basata su esempi e paradossi volti a distruggere definitivamente l’idea che il mezzo possa essere la causa della prosecuzione del movimento. Se fosse il movimento dell’aria dietro la pietra a produrre il moto contro natura che senso avrebbe sostenere che sia l’arco, o la mano, a scagliare il proiettile? Filopono osserva, inoltre, che se si ponesse una freccia su un bastone, muovendole dietro tutta l’aria possibile, essa non raggiungerebbe il proprio bersaglio. Anche collocando la freccia (o una pietra) su una punta fina o su un’ipotetica linea senza spessore (evidentemente per evitare l’attrito) e se si mettesse in moto quanta più aria possibile, la freccia (o la pietra) rimarrebbe comunque ferma. Filopono sostiene che il lanciatore della pietra impartisca ad essa una forza motrice. Secondo l’Alessandrino, dunque, una qualche forza cinetica incorporea è impressa dal lanciatore al proietto; l’aria, invece, non riceve alcuna forza ed alcun movimento da parte del lanciatore (o li acquista in minima parte). Secondo questa impostazione, quindi, l’aria perde ogni funzione motrice e rimane soltanto una causa di resistenza al moto del proiettile. Motivo della prosecuzione del movimento, invece, sarà un trasferimento d’energia dal motore al mosso. Con questa teoria Filopono rivoluziona il modo tradizionale di concepire il movimento dei proiettili, aprendo la strada alla teoria dell’impetus di Buridano.

Filopono non si limita a parlare della teoria della forza impressa relativamente al moto dei proiettili ma estende la nozione di impetus ad altri fenomeni.

Sempre nel commento alla Fisica, Filopono cerca di spiegare perché la zona del fuoco abbia un movimento circolare, come voleva Aristotele. Seguendo la propria dottrina, infatti, lo Stagirita avrebbe dovuto ammettere un movimento rettilineo della zona ignea. Ma, osservato il movimento di alcune comete e di corpi analoghi, Aristotele era stato portato a suggerire che la suddetta zona si muovesse, come le sfere celesti, di un movimento circolare. Lo Stagirita non aveva fornito una spiegazione chiara alla questione. La risposta che Filopono propone è la seguente: le sfere rotanti trasmettono un impeto, una forza cinetica, alla zona ignea.

Ma l’estensione del concetto di forza impressa non si ferma qui. Il filosofo alessandrino introduce l’idea di impeto anche in un’altra opera, squisitamente cristiana: il De Opificio Mundi. Secondo Sorabji (curatore dell’importante studio Philoponus and the Rejection of Aristotelian science), soltanto nelDe Opificio Mundi il filosofo d’Alessandria estende davvero il concetto di impetus a tutti i casi possibili: al moto verso il basso dei gravi, a quello verso l’alto del fuoco, ai corpi e alle sfere celesti, agli animali. Questo è reso possibile, sempre seguendo Sorabji, dalla concezione creazionistica dell’universo propria del Cristianesimo e abbracciata da Filopono: è Dio che, creando l’universo, ha impresso una forza motrice nei diversi corpi naturali consentendo loro di muoversi.

Con la sua teoria della forza impressa, dunque, Filopono ha unificato la dinamica. In Aristotele, infatti, il movimento era spiegato mediante principi diversi a seconda del fenomeno interessato: il moto naturale dei corpi inanimati era descritto in un modo, il moto degli esseri viventi in un altro, il movimento delle sfere celesti in un altro ancora, e così via. La dinamica dello Stagirita era composta, quindi, da aree non connesse tra di loro. Filopono, applicando il principio dell’impeto a tutti i casi del movimento, rese possibile la spiegazione di quest’ultimo in termini omogenei e, quindi, l’unificazione della dinamica. Inoltre, contro la divisione aristotelica tra regione terrestre e regione celeste, la nuova impostazione di Filopono consentì di concepire i due regni non più come antitetici e rispondenti a leggi eterogenee ma come zone del cosmo del tutto simili perché rispondenti ai medesimi principi. Sia la regione terrestre che quella celeste, infatti, essendo state create dallo stesso Dio in un unico atto di creazione, avrebbero dovuto sottostare ai medesimi requisiti di generazione, movimento e corruzione.



Nota bibliografica:

per una panoramica delle diverse posizioni interpretative sulla critica di Filopono alla fisica aristotelica si legga R. Sorabji, Philoponus and the Rejection of Aristotelian science, Duckworth London, 1987 (e seconda edizione 2010, Institute of Classical Studies).

Per un buon riassunto della filosofia di Filopono, si consulti il sito internet della Stanford Encyclopedia of Philosophy http://plato.stanford.edu/entries/philoponus/#Bib.

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