La vita ignorata



In Italia tutti conoscono il cosiddetto Caso Englaro - pace all’anima sua. Se parli di Welby ti capiscono tutti. Ma la notizia di un tale canadese rispondente al nome di Scott Routley ha lasciato il tempo che trovava: Adrian Owen, scienziato inglese della Cambridge University, ha condotto una ricerca di nuove modalità per l’esplorazione di possibili elementi di coscienza in pazienti in stato vegetativo, affrontando fra gli altri casi anche quello di Scott, arrivando a dichiarare alla BBC che “Scott è riuscito a mostrare di essere cosciente, un mente pensante. Lo abbiamo sottoposto all’esame più volte e il pattern della sua attività cerebrale dimostra che lui stava chiaramente scegliendo di rispondere alle nostre domande. Riteniamo che lui sappia chi è e dove si trova”.
Tre anni fa i media inglesi riferirono di un altro malato in “stato vegetativo” dal 1983 che, nonostante fosse passato per le cliniche più rinomate ed all’avanguardia, non aveva ricevuto alcun apparente beneficio dai trattamenti ricevuti. Invece dopo 23 anni ha dato nuovamente segni di vita cerebrale, dimostrando di essere assolutamente consapevole e cosciente di tutto ciò che succedeva intorno a lui, affermando - tramite le dovute apparecchiature - il suo grido di dolore: “Gridavo, ma non mi potevano sentire. La frustrazione è una parola troppo debole per descrivere quello che provavo”.
I casi sono molti, e molte sono le considerazioni espresse a riguardo, tutte bene o male sintetizzate nelle parole di un rapporto della rivista di divulgazione scientifica New Scientist: “Se c’è una cosa peggiore del coma, è quando gli altri pensano tu sia in coma ma non è vero”. Il rapporto è estremamente ampio e dettagliato, ma per coglierne il senso basterebbe riflettere sul terribile dato statistico che ha calcolato: più del 40% delle persone con diagnosi di “stato vegetativo” sarebbe in realtà “minimamente cosciente. Ma in Italia siamo avanti, di queste non ci curiamo...