Il Muro di Berlino


9 novembre 1989. Caduta del Muro di Berlino, la monumentale fortificazione edilizia divenuta simbolo della cortina di ferro e di quella contrapposizione ideologica tra il totalitarismo sovietico e il blocco occidentale che aveva polarizzato il mondo per quasi mezzo secolo. Alle 18 di quel 9 novembre di 22 anni or sono, il ministro della Propaganda della Repubblica Democratica Tedesca (DDR), Gunter Schabowski, tiene una conferenza nella quale annuncia alla stampa la possibilità per i cittadini dell’Est di poter attraversare il confine, previo permesso. E’ una svolta storica, considerando che nemmeno un anno prima, in gennaio, il presidente della DDR Honecker aveva sarcasticamente asserito che il muro sarebbe rimasto dov’era per altri cent’anni: il 18 ottobre, tuttavia, lo stesso aveva dovuto “abdicare” a favore di Egon Krenz, stanti le pressioni dei cittadini dopo l’apertura delle frontiere verso Ovest da parte dell’Ungheria (23 agosto, esecutiva dal 11 settembre). Alle 18:53 il corrispondente dell’ANSA da Berlino Est chiede da quando i cittadini avrebbero potuto beneficiare della nuova norma e il ministro Schabowski, che, per un curioso gioco della storia, era in vacanza quando è stata approvata la norma e, dunque, non ne conosce i dettagli, avventatamente dice: “Se sono stato informato correttamente quest'ordine diventa efficace immediatamente. Risultato: la popolazione, avendo visto la conferenza in diretta televisiva, si precipita alla frontiera e le guardie, che pure tempestano di chiamate i loro superiori, giacchè all’oscuro, essi stessi, della norma, sono costrette a farle passare, data l’impossibilità di alcun passo indietro. Nei giorni successivi, migliaia di cittadini accoreranno a “smantellare” il muro, staccandone pezzi da conservare come souvenir, a tutt’oggi molto appetiti nelle aste.
Guardie sovietiche presidiano la costruzione il 13 agosto 1961
Cadevano 177 km di cemento armato, eretti dal regime comunista ad invalicabile confine tra l’ideologia sovietica e l’Occidente, macchiati del sangue di oltre 200 fuggitivi, immolati per coagulare l’emigrazione di professionisti ed operai specializzati che nel numero di 2 milioni e mezzo erano passati dalla parte Orientale a quella Occidentale tra il 1952 e il 1961. Per diminuire questo flusso, la notte tra il 12 e il 13 agosto 1961, venne costruita una prima barriera di filo spinato, poi rimpiazzata, nei giorni successivi, dalla prima costruzione in muratura, migliorata, di volta in volta, nel corso dei 25 anni successivi, da materiali sempre più resistenti (l’ultima versione, costruita nel 1975, costò al governo della DDR oltre 16 milioni di marchi). La frontiera era costituita da due muri paralleli, alti circa 3,5 metri, separati dalla terrificante “striscia della morte” nella quale vennero uccise la maggior parte delle vittime dai cecchini ai quali era stato ordinato: “Se dovete sparare, fate in modo che la persona in questione non vada via ma rimanga con noi ”. La costruzione del Muro, nominalmente volta alla difesa contro improbabili aggressioni “fasciste”, dal punto di vista mediatico, ebbe effetti devastanti per l’immagine del Comunismo Sovietico (quasi quanto la repressione della rivolta ungherese del 1956), ma permise di abbassare - non di eliminare del tutto - le “evasioni” verso le libertà (e soprattutto il benessere) occidentali. Ben 5 mila persone riuscirono ad oltrepassare la frontiera, con le più disparate ed ingegnose tecniche volte ad eludere 105,5 km di fossato anticarro, 302 torri di guardia con cecchini armati, 20 bunker e una strada illuminata per il pattugliamento lunga 177 km.
Il muro e la "striscia della morte" nel 1986
Nella prima fase della costruzione, il muro, ancora molto approssimativo, venne superato o con automobili sportive molto basse o tentando di saltare a Berlino Ovest dai palazzi di Berlino Est dirimpetto la frontiera. In tal modo ad esempio provò a fuggire Ida Seikmann, prima vittima del muro (22 agosto 1961), la quale, provò a saltare dal terzo piano sul marciapiede di Berlino Ovest, per trovarvi la morte. Se la prima vittima fu una donna – una delle otto totali –, l’ultima risponde al nome di Winfried Freudenberg, schiantatosi l’8 marzo 1989 con un pallone aerostatico improvvisato nel tentativo di arrivare alla parte occidentale della capitale della DDR. Tra queste due vittime di tentativi estremi, dettati dall’estremità stessa del muro (altri fuggiaschi escogitarono gallerie sotterranee, velivoli ultraleggeri oppure passaggi attraverso i piloni della corrente) molte altre ce ne furono, falciate dai colpi dei cecchini sovietici.
Nel ricordo di una giornata di memoria e memorie quale quella “della libertà”, come predisposto per il 9 novembre di ogni anno dal Parlamento Italiano (legge n.61 del 15/04/2005), chiedono di essere commemorati, tra gli altri,  Jörg Hartmann e Lothar Schleusener, di appena 10 e 13 anni, i quali vennero crivellati dai cecchini (in spregio ad una norma, peraltro, che espressamente vietava di colpire i bambini) mentre tentavano di raggiungere il papà, il quale abitava a Berlino Ovest. Altrettanto cruenta la fine di Peter Fechter, morto dissanguato nella “striscia della morte”, dopo essere stato lasciato in agonia, sotto lo sguardo dei media, dai soldati orientali che lo avevano colpito (17 agosto 1962).
Croci commemorative poste laddove
era ubicata la "striscia della morte"
Dinanzi il dramma di uomini, uccisi nel vano tentativo di riabbracciare i propri cari, mai così toccanti e riflessive risuonano le parole pronunciate dal Presidente John Fitzgerald Kennedy il 26 giugno 1963:
« Ci sono molte persone al mondo che non comprendono, o non sanno, quale sia il grande problema tra il mondo libero e il mondo comunista. Fateli venire a Berlino! Ci sono alcuni che dicono che il comunismo è l'onda del futuro. Fateli venire a Berlino! Ci sono alcuni che dicono che, in Europa e da altre parti, possiamo lavorare con i comunisti. Fateli venire a Berlino! E ci sono anche quei pochi che dicono che è vero che il comunismo è un sistema maligno, ma ci permette di fare progressi economici. Lasst sie nach Berlin kommen! Fateli venire a Berlino! [...] Tutti gli uomini liberi, ovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso di dire: Ich bin ein Berliner! (sono un Berlinese! nda). »