Il terremoto dell'Irpinia. 32° anniversario

Irpinia 23 novembre 1980. Quella sera si consumò la più grande tragedia del Sud Italia del secolo. Cadute le linee della luce ci dovemmo recare nei luoghi per vedere chi era vivo e chi era morto-Racconta Alberta De Simone, Presidente della Provincia di Avellino nel 2004. Cambia tutto, è peggio di un bombardamento.

Alle 19.35 di quel 23 novembre dell' '80, una magnitudo 6,9 della scala Richter, con epicentro nel comune di Conza della Campania (AV), causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e 2.914 morti. Quella scossa durò 90 secondi.Le tre provincie maggiormente sinistrate furono quelle di Avellino (103 comuni), Salerno (66 comuni) e Potenza (45 comuni). Quell'evento cambiò le sorti e la vita di milioni di persone tra Campania e Basilicata.. I primi telegiornali parlarono di 'una scossa di terremoto in Campania' dato che l'interruzione totale delle telecomunicazioni aveva impedito di lanciare l'allarme. Soltanto a notte inoltrata si cominciò ad evidenziarne la più vasta entità. 
All'alba del 24 novembre si iniziò a diffondere la notizia che l'Irpinia era uno dei centri più colpiti del terremoto. L'area del cratere era l'area dei comuni del disastro. E l'area a cavallo tra l'Irpinia e la Basilicata ed un pezzettino del Cilento contava 3000 morti e paesi rasi al suolo. Ma i soccorsi non arrivarono.
L'immagine memorabile di Pertini ch atterra in elicottero a Balvano, il paese più disastrato dal terremoto dell'80 è rimasta nell'immaginario di molti: "Vergognatevi, non sono ancora arrivati i soccorsi'. L'arrivo dell'allora Presidente della Repubblica segnò la svolta: "chi ha mancato deve essere colpito".
I mezzi, fortunatamente giunsero ma solo dopo cinque giorni.
L’aiuto più grande venne dai soldati che portarono tende. Quella pagina di solidarietà diede la speranza di potercela fare.
Ma la ricostruzione di quei luoghi fu uno dei peggiori esempi di speculazione su di una tragedia.
Si guarda al domani
All’inizio per i terremotati ci sono solo alloggi di fortuna: una vita quasi possibile ma anche una vita piena di disagi e privazioni. Eppure, paradossalmente, per qualcuno è anche una vita di scoperte e di libertà, come il modo di vivere dei bambini. “ Il terremoto ci ha costretti a vivere insieme”- racconta Paola Londero, abitante di Gemona (Ud). all'epoca ragazza.
C’è stato un grande moto di solidarietà tra la gente, un moto popolare che, man mano che la ricostruzione avanzava, poi è scemato perché ognuno era preso dai propri problemi.
Passata l’emergenza, tutti gli sforzi si indirizzano verso la ricostruzione: Messina, Gemona, Reggio Calabria…oggi tutti questi luoghi sono di nuovo abitati.
Una nuova vita che guarda al domani ma non dimentica la paura ed il terrore di quei pochi attimi che hanno cambiato tutto.
Molti paesi sono stati stravolti, non sempre sono stati ricostruiti nel modo migliore. Per molti il terremoto è un’esperienza lontana, un brutto ricordo con cui convivere nella speranza che non si verifichi mai più. Per altri è una realtà che non passa mai. Per gli scienziati rimane un fenomeno misterioso che si può comprendere ma che è impossibile prevedere con certezza. Per lo Stato rimane una delle sfide più grandi in termine di soccorso, di aiuto ed interventi per la ricostruzione.

da "LA STORIA SIAMO NOI"