L'ultimo viaggio di un figlio d'Italia

Roma, 1921, ultimo anno “liberale” prima dell’inizio dell’epoca fascista. Nel giorno della tradizionale commemorazione dei Defunti, alla stazione Termini una folla commossa attende il solenne arrivo di un treno proveniente dalla lontana Aquileia, in provincia di Udine: è il convoglio del Milite Ignoto. Seguendo l’iniziativa di onorare la salma di una delle tante vittime senza nome della Prima Guerra Mondiale, propugnata già un anno prima dal Generale Giulio Douhet, si decise di tumulare nell’Altare della Patria – il famigerato Vittoriano, tanto inviso agli amanti delle belle forme della Roma Cristiana – uno tra undici corpi anonimi rinvenuti nelle principali zone del conflitto: Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele, tratto da Castagnevizza al mare. Le salme vennero poi disposte in undici bare, allineate all’interno della Basilica di Aquileia il 28 ottobre 1921.
La scelta su quale di esse dovesse essere quella da tumulare a Roma venne affidata a donna Maria Bergamas di Trieste, il cui figlio, Antonio, aveva, nel 1916, disertato l’esercito austriaco (Trieste era parte dell’Impero Asburgico nel ’15) per unirsi a quello italiano, perdendo poi la vita nella battaglia del Monte Cimone di Tonezza (16 giugno ’16) senza che il suo corpo fosse rinvenuto. La vedova sfilò molto turbata le prime bare (sulla seconda appoggiò un attimo lo scialle) ma la commozione la vinse alla decima, in corrispondenza della quale, urlando il nome del figlio, si accasciò, senza proseguire ulteriormente. La scelta cadde su questa decima bara, che venne collocata in una cassa di zinco (appositamente fatta pervenire ad Aquileia dal Ministero della Guerra) e, poi, posta sull’anfusso di un cannone e accompagnata da reduci Medaglie d’Oro sull’apposito vagone. Le altre dieci bare vennero vegliate da un picchetto d’onore fino al 4 novembre quando, in contemporanea con quella del defunto prescelto, vennero tumulate nel cimitero annesso alla Basilica - accanto ad esse, nel 1954, furono poste anche le spoglie mortali di Maria Bergamas -.
Il convoglio del Ignotus Miles fermò praticamente in tutte le stazioni presenti sulla linea Aquileia-Roma non limitandosi alle tappe di Udine, Treviso, Venezia, Padova, Rovigo, Ferrara, Bologna, Pistoia, Prato, Firenze, Arezzo, Chiusi ed Orvieto, previste dal programma: la velocità era talmente ridotta che in ogni stazione folle accorse dai paesi adiacenti, potessero inginocchiarsi e rendere il proprio omaggio a quell’uno dei 650 mila figli d’Italia che avevano risposto < PRESENTE> alla chiamata della patria nella Prima Guerra Mondiale, come emblematicamente rappresentato nel monumentale Sacrario di Redipuglia. Accolto a Roma dal Re Vittorio Emanuele III in testa, venne portato dapprima alla basilica di Santa Maria degli Angeli dove venne lasciato per un giorno al culto del popolo romano. Si narra, peraltro, che una donna, dopo essere rimasta assorta in preghiera dinanzi al feretro, abbia iniziato a chiedere piangendo che la bara venisse aperta poiché convinta che il corpo fosse quello di un suo caro. Il 4 novembre, 3° anniversario della vittoria bellica sancita dall’armistizio di Villa Giusti, la bara verrà solennemente traslata in un apposito sacello nell’Altare della Patria. Nel 1930 verrà tumulata in una cripta interna del Vittoriano in un sepolcro realizzato con materiali lapidei provenienti dalle montagne, teatro della Grande Guerra, il Grappa e il Carso, e riportante l’epigrafe <IGNOTO MILITI> con le date MCMXV e MCMXVIII, rispettivamente dell’inizio e della fine del conflitto.
La forte commozione destata dall’ultimo viaggio del soldato senza nome nel cuore di un popolo che aveva vissuto il dramma e il dolore della guerra mostra la centralità di questo romantico, seppur dolente, episodio nella storia della nostra identità nazionale, un valore che forse andiamo perdendo, sedotti dalle chimere di una retorica globalizzante, mossa, a ben vedere, da null’altro che il consumismo. Certi che l’amore per la patria sia tutt’altra cosa rispetto a quell’odio del diverso che il nazionalismo è, il Milite Ignoto chiede nella sua anonimità di guardare a lui come “Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz'altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della patria.”