Ricorre oggi il 226° anniversario dell’abolizione della pena di morte nel Granducato di Toscana, sotto Pietro Leopoldo, primo sovrano europeo ad accogliere in toto le idee allora diffuse contro questa barbara usanza, espresse magistralmente nel nostro Paese dal pensiero di Cesare Beccaria.
«Non è l'intensione della pena che fa il
maggior effetto sull'animo umano, ma l'estensione di essa; perché la nostra
sensibilità è più facilmente e stabilmente mossa da minime ma replicate
impressioni che da un forte ma passeggiero movimento. L'impero dell'abitudine è
universale sopra ogni essere che sente, e come l'uomo parla e cammina e
procacciasi i suoi bisogni col di lei aiuto, così l'idee morali non si stampano
nella mente che per durevoli ed iterate percosse. Non è il terribile ma
passeggiero spettacolo della morte di uno scellerato, ma il lungo e stentato
esempio di un uomo privo di libertà, che, divenuto bestia di servigio,
ricompensa colle sue fatiche quella società che ha offesa, che è il freno più
forte contro i delitti. Quell'efficace, perché spessissimo ripetuto ritorno
sopra di noi medesimi, io stesso sarò ridotto a così lunga e misera condizione
se commetterò simili misfatti, è assai più possente che non l'idea della morte,
che gli uomini veggon sempre in una oscura lontananza.»
Cesare Beccaria, Dei delitti e delle
pene
PROEMIO: «Con la più grande soddisfazione del
Nostro paterno cuore Abbiamo finalmente riconosciuto che la mitigazione delle
pene congiunta con la più esatta vigilanza per prevenire le reazioni, e
mediante la celere spedizione dei Processi, e la prontezza e sicurezza della
pena dei veri Delinquenti, invece di accrescere il numero dei Delitti ha
considerabilmente diminuiti i più comuni, e resi quasi inauditi gli atroci, e
quindi Siamo venuti nella determinazione di non più lungamente differire la
riforma della Legislazione Criminale, con la quale abolita per massima costante
la pena di Morte, come non necessaria per il fine propostosi dalla Società
nella punizione dei Rei, eliminato affatto l'uso della Tortura, la
Confiscazione dei beni dei Delinquenti, come tendente per la massima parte al
danno delle loro innocenti famiglie che non hanno complicità nel delitto, e
sbandita dalla Legislazione la moltiplicazione dei delitti impropriamente detti
di Lesa Maestà con raffinamento di crudeltà inventati in tempi perversi, e
fissando le pene proporzionate ai Delitti, ma inevitabili nei respettivi casi,
ci Siamo determinati a ordinare con la pienezza della Nostra Suprema Autorità
quanto appresso.»
ART. 51: «Abbiamo veduto con orrore con quanta
facilità nella passata Legislazione era decretata la pena di Morte per Delitti
anco non gravi, ed avendo considerato che l'oggetto della Pena deve essere la
soddisfazione al privato ed al pubblico danno, la correzione del Reo figlio
anche esso della Società e dello Stato, della di cui emenda non può mai
disperarsi, la sicurezza nei Rei dei più gravi ed atroci Delitti che non
restino in libertà di commetterne altri, e finalmente il Pubblico esempio, che
il Governo nella punizione dei Delitti, e nel servire agli oggetti, ai quali
questa unicamente diretta, è tenuto sempre a valersi dei mezzi più efficaci col
minor male possibile al Reo; che tale efficacia e moderazione insieme si
ottiene più che con la Pena di Morte, con la Pena dei Lavori Pubblici, i quali
servono di un esempio continuato, e non di un momentaneo terrore, che spesso
degenera in compassione, e tolgono la possibilità di commettere nuovi Delitti,
e non la possibile speranza di veder tornare alla Società un Cittadino utile e
corretto; avendo altresì considerato che una ben diversa Legislazione potesse
più convenire alla maggior dolcezza e docilità di costumi del presente secolo,
e specialmente nel popolo Toscano, Siamo venuti nella determinazione di abolire
come Abbiamo abolito con la presente Legge per sempre la Pena di Morte
contro qualunque Reo, sia presente, sia contumace, ed ancorché confesso, e
convinto di qualsivoglia Delitto dichiarato Capitale dalle Leggi fin qui
promulgate, le quali tutte Vogliamo in questa parte cessate ed abolite.»
Legge di riforma
criminale del 30 novembre 1786, n. 59