“Gaudete in Domino semper. Iterum dico: Gaudete!” (San Paolo, Lettera ai Filippesi 4,4). Il carattere gioioso con cui si apre (e si chiude) questo invito paolino, e che domani, nella liturgia della III Domenica di Avvento, sarà sottolineato dalla tinta rosea dei sacri paramenti, risveglia nel cuore del fedele il dolce tepore di speranzosa attesa del Redentore, che accompagna questa ultima decade prima del Santo Natale. Un’atmosfera di preparazione dello spirito che più che dai colori con cui si sono già da tempo accese le strade, al solo scopo di lucro, o dai preparativi con cui ci si accinge al trionfo della corporeità persino nella più santa delle notti, è ben testimoniata dalla muta e trepidante sospensione che alberga nella penombra dei presepi allestiti nelle nostre case, affinchè i nostri cuori divengano delle novelle Betlemme.
P. Joseph Mohr |
Nella
veracità di questo spirito di speranzosa attesa, vogliamo rimembrare la poetica
e singolare vicenda della genesi del tanto noto quanto toccante canto natalizio
“Stille Natch!”, meglio conosciuto, nella variante italiana (una delle trecento
esistenti in altrettante lingue), con il nome di “Astro del Ciel”.
Il
canto venne alla luce in nemmeno un giorno: la Vigilia di Natale del 1818, al
solo fine di essere cantato la sera stessa, durante la funzione religiosa,
nella chiesa di San Niccolò ad Obendorf (vicino Salisburgo). Il suo, autore, il
curato della chiesa, Joseph Mohr, il quale aveva redatto il testo in forma di
poesia già due anni prima, portò, quella mattina, a musicare il testo dal
collaboratore della parrocchia Franz Xaver Gruber, insegnante ad Arnsdorf,
pregandolo di comporre una melodia a due voci, con coro, accompagnato dalla
chitarra, nel più breve tempo possibile affinchè si potessero effettuare le
dovute prove. Il magistrale risultato, quello di un motivo dolce e orecchiabile,
è con ogni probabilità da ascriversi proprio alla strettezza dei tempi a
disposizione del compositore che, durante la Messa della Notte, duettò con lo
stesso curato, nel ruolo, quegli, di basso e chitarrista, questi, di tenore.
Franz Xaver Gruber |
L’enorme
popolarità del canto fu invece frutto della fortunata coincidenza per la quale esso
stesso nacque. La diffusione della canzone, infatti, fu merito delle coppie di
sorelle canterine Strasser e Rainer le quali, cantandola per le valli dello
Ziller e del Leipzig, le permisero di
essere inserita nei libri di canti liturgici e di lì di arrivare addirittura a
New York nel 1839, non prima di essere stata cantata persino innanzi ai reali
di Russia e Austria. Purtuttavia il terzo uomo, per usare un espressione aristotelica,
tra le sorelle Strasser e la strana coppia formata dal prete e dal maestro di
musica che, per prima, cantò “Stille Natch!” fu nientemeno che il mastro,
costruttore di organi, Karl Mauracher, giunto dalla valle dello Ziller ad
Obendorf, per riparare proprio quell’organo della chiesa, che, inutilizzabile a
causa dei danni in esso cagionati da alcuni topi, aveva reso necessaria
l’invenzione ex novo di questo nuovo canto natalizio a due voci.
Il
ruolo svolto dalla Provvidenza nella vicenda cui abbiamo elevato il nostro
sguardo pare non potersi che attribuire all’eterno messaggio di Redenzione
insito nell’evento natalizio, mirabilmente espresso dalle parole della versione
italiana del canto, la già citata “Astro del Ciel”, la quale, in quanto composizione
originale – non semplice traduzione - del sacerdote bergamasco Angelo Meli, che
la diede alla pubblicazione nel 1937, è pienamente conforme allo spirito
creativo di un canto dato alla luce in una sola giornata.
“Astro del Ciel, pargol divin,
Mite agnello, Redentor,
Tu che i Vati da lungi sognâr,
Tu che angeliche voci nunziâr,
Luce dona alle menti,
Pace infondi nei cuor.”
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