“In Italia il 42% dei
processi di primo grado si concludono con sentenze di piena assoluzione. Negli
Stati Uniti nessun procuratore distrettuale con una così alta percentuale
d’insuccessi verrebbe mai rieletto. In Italia, invece, ogni
magistrato continua nella sua progressione automatica di carriera e
nessuno dovrà mai permettersi di giudicarlo”. Ad affermarlo è Luciano
Violante, ex magistrato e deputato del Partito Democratico, ex deputato del PCI
e – più recentemente – chiamato da Napolitano fra i 10 “saggi”. Si tratta di una dichiarazione che deve far riflettere su
quanto sia profondamente radicata, motivata e condivisa la ferma posizione del
Popolo della Libertà quanto a giudici e magistrati: la giustizia italiana
necessita una riforma radicale con la stessa urgenza con cui si devono affrontare
i grandi temi dell’economia, perché altro rischia di essere non solo uno
strumento in mano ad una determinata parte politica del nostro paese, ma anche una
macchina mangiasoldi al pari del mostro di Equitalia, con l’unica differenza
che i contribuenti non sanno – e spesso non riescono nemmeno a immaginare - in
quale misura gli organi di giustizia sperperano il proprio denaro.
Ecco allora che si palesa il primo grande problema della
nostra povera giustizia malata: l’onnipotenza dei magistrati. Ed anche in
questo caso ci viene in supporto la statistica: dal 1999 al 2010 il Consiglio
Superiore della Magistratura ha avviato 1 703 “indagini interne”, di cui solo 12 si sono chiuse con la rimozione
del magistrato in questione. Ovvio allora immaginare quale deterrente possa
rappresentare per un magistrato il timore del giudizio del CSM, e con quale
noncuranza e leggerezza possa esprimere sentenze, sicuro fra l’altro che un ulteriore
ricorso lo solleverebbe anche dal solo peso “morale” della sentenza, aggravando la coscienza di un altro
collega. Se c’è ancora qualcuno che si interroga se sia lecito o meno parlare
di delirio di onnipotenza da parte dei magistrati – non per tutti, per carità,
ma per una parte sicuramente -, ancora una volta l’attualità ci viene incontro:
nel lontano 1995 Antonio Di Pietro chiese ai colleghi milanesi di essere il pm
d’udienza nel processo per le tangenti alla Guardia di finanza a carico
del Premier in carica, dichiarando di “voler
sfasciare Berlusconi”, confermando poi la sua posizione rispetto al
Cavaliere scendendo in politica 18 mesi più tardi. E ancora più recentemente
abbiamo avuto l’ennesima prova di quanto sia considerato autorevole il CSM
dagli stessi magistrati: Antonio Ingroia – guarda caso anche lui attivo in inchieste
su PdL e Berlusconi – non solo si è candidato alle elezioni politiche dello
scorso 24 febbraio senza dimettersi dalla Magistratura, ma ha addirittura
inscenato una tragedia greca al momento dell’invito da parte del CSM di andare
ad Aosta, unica regione d’Italia dove non si è presentato con la sua
Rivoluzione Civile. E nel frattempo, fra ferie ed aspettative, sperando di
poter evitare il trasferimento, guadagna 5 000 € al mese, pagati da quegli
stessi cittadini che, solo tre mesi fa, lo hanno clamorosamente bocciato con il
voto inappellabile.
Ecco allora che di dubbi ne sorgono ancora altri, e magari
ci si interroga se la riforma della giustizia sia un’ossessione di un partito
di “impresentabili”, se Berlusconi, “impresentabile” per eccellenza, non sia
davvero l’ennesima vittima di un sistema marcio che lo perseguita con un
processo ogni 7 mesi, se il processo Ruby non sia solo l’ultima battaglia di
una guerra che qualcuno da 20 anni perde nelle urne e cerca di vincere nei
tribunali. E magari se a domandarselo fossimo in tanti forse potremmo fare un’ulteriore
considerazione: perché se Berlusconi parla di riforme costituzionali si grida
allo scandalo mentre se Vito Crimi propone di abbreviare i tempi di revisione
costituzionale lo si osanna? Perché se Berlusconi propone il
semipresidenzialismo lo si tratteggia come un folle egocentrico mentre se ne
parlano Renzi ed Epifani diventa improvvisamente un’occasione per ridare
credibilità alla politica? Forse allora ci si renderebbe finalmente conto di
quale assurdo ed antidemocratico potere possa arrivare a detenere questo mostruoso
tribunale popolare che è l’odierna informazione di massa, la vera base dei
superpoteri dei magistrati. Ma questa è un’altra storia.
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