5 Maggio: la storia fatta poesia

 Oggi, 5 maggio, ricorre il 192° anniversario della morte di Napoleone Bonaparte: in una data considerata storicmente fondamentale per la storia modera, vogliamo ricordarla con le parole che la hanno resa nella letteratura, omaggiando dunque il più grande poeta della nostra letteratura, Alessandro Manzoni, che ha fatto della storia poesia di livello mai più raggiunto.

 5 Maggio
 Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita 
 
la terra al nunzio sta,
muta pensando all’ultima
ora dell’uom fatale;
né sa quando una simile
orma di pié mortale
 
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
quando, con vece assidua,
 
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sonito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al subito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all’urna un cantico
che fosre non morrà.
Dall’Alpi alle Piramidi,
 
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiò da Scilla al Tanai,
dall’uno all’altro mar.
 
Fu vera gloria? Ai posteri
l’ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
del creator suo spirito
 
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d’un gran disegno,
l’ansia d’un cor che indocile
serve, pensando al regno;
 
e il giunge, e tiene un premio
ch’era follia sperar;
tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
 
la reggia e il tristo esiglio:
due volte nella polvere,
due volte sull’altar.
Ei si nomò: due secoli,
l’un contro l’altro armato,
Originaria stesura del 5 maggio manoscritta da Alessandro Manzoni.
 
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe’ silenzio, ed arbitro
s’assise in mezzo a lor.
E sparve, e i dì nell’ozio
 
chiuse in sì breve sponda,
segno d’immensa invidia
e di pietà profonda,
d’inestinguibil odio
e d’indomato amor.
 
Come sul capo al naufrago
l’onda s’avvolve e pesa,
l’onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scerner
 
prode remote invan;
tal su quell’alma il cumulo
delle memorie scese!
oh quante volte ai posteri
narrar sé stesso imprese,
 
e sull’eterne pagine
cadde la stanca man!
oh quante volte, al tacito
morir d’un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,
 
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l’assalse il sovvenir!
e ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,
 
e il lampo de’ manipoli,
e l’onda dei cavalli,
e il concitato imperio,
e il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio
 
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;
 
e l’avviò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desidéri avanza,
dov’è silenzio e tenebre
la gloria che passò.
 
Bella Immortal! benefica
fede ai trionfi avvezza!
scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza
al disonor del Golgota
giammai non si chinò.
 
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.

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