La questione che tiene banco sui giornali in questo
Ferragosto non tropo caldo è la vicenda di un bambino nato proprio due giorni
fa, il 15, a Milano: si tratta del figlio di Martina Levato, nota ai più per le
vicende giudiziarie che l’hanno travolta e per il rilievo che i giornali hanno
riservato al suo caso. Senza voler esprimere giudizi sui processi mediatici,
prima ancora che giuridici, che periodicamente vengono fuori in Italia, e senza
voler commentare che stavolta nessuno ha urlato la necessità di una legge
contro il ‘maschicidio’ – e meno male! – vogliamo porre l’attenzione su un
fatto, di per sé semplice, che a rigor di logica dovrebbe lasciare interdetto l’italiano
medio portatore sano di cervello.
Andiamo con ordine: nel caso in questione esiste una donna
condannata a 14 anni per aver commesso un reato. Nessuno mette in discussione
la sentenza e quindi attribuisce alla donna una determinata colpa. Il neonato
figlio di questa donna viene allontanato dalla madre dopo appena 5 minuti dalla
nascita, proprio in virtù della condanna che la madre ha subito e delle
conseguenti indicazioni della magistratura. Ora, appare più che lecito questionare
su chi si stia proteggendo con un atto del genere, e sembra altrettanto
legittimo discutere della proporzionalità della pena inflitta in base alla
colpa riconosciuta alla donna dalla magistratura: ed infatti su tutti i giornali
e telegiornali almeno un articolo o servizio è riservato alla questione, con la
notizia di ieri dell’adottabilità del bambino chiesta dal pm, in barba alle
volontà della madre, del padre, dei nonni e dei parenti più stretti. Non è
affatto facile esprimere un giudizio in merito e noi ce ne asteniamo pilatescamente,
non essendo questo l’aspetto che intendevamo mettere in evidenza.

Rimane però un aspetto che il lettore portatore sano di
cervello dovrebbe cogliere: se anche per la madre non fosse un dolore non
vedere più il proprio figlio – ipotesi che diamo valida per assurdo – è ancora
tutto da dimostrare che il bambino non abbia nessun bisogno di trascorrere del
tempo con la madre.
La domanda allora sorge spontanea: che colpa ha il figlio
adottivo di Elton John? È forse considerato un ‘non-figlio’?
La dittatura del pensiero debole ci porta a pensare che
tutto ciò che è possibile è lecito, in barba ai diritti di chi non può
rivendicarli: ecco allora che se la madre firma perché il figlio le venga
sottratto poco dopo la nascita, tutto diventa permesso. Pochi mesi fa, una
giornalista de ‘Il Fatto Quotidiano’ scriveva a favore non solo dell’utero in
affitto, ma di tutto ciò che in tal senso la scienza potrebbe proporci nei
prossimi anni, sentenziando magistralmente che “tutto ciò che la scienza potrà
realizzare sarà realizzato” (Adele Parrillo, Utero in affitto e oltre: lamaternità sociale, 30.03.2015). La stessa giornalista si è espressa proprio
ieri sulla vicenda del figlio di Martina Levato (Adele Parrillo, Figlio diMartina Levato, qual è il ‘bene del bambino’?, 16.08.2015), di cui riportiamo l’ultima
frase: “Dietro la formula “per il bene del bambino” si nasconde spesso una
un’idea di “bene” che non è detto che farà bene. Ma è solo un dubbio. Il dubbio
che a pagare siano sempre gli innocenti”.
Qualora qualcuno ne cercasse ancora una conferma, ecco la
dimostrazione che il figlio di Martina Levato è un innocente, a differenza del figlio
adottivo di Elton John, colpevole di chissà quale colpa.
![]() |
Monica Cirinnà |
Infine è interessante fare un’ultima considerazione, valida
non solo per la questione del figlio della donna detenuta, ma anche – e soprattutto
– per tutti i casi di maternità surrogata: la spinosa questione delle unioni
civili ed adozioni per coppie gay è discussa in Parlamento nel disegno di legge
che prende il nome della sua prima firmataria, Monica Cirinnà. Costei, romana, senatrice
PD, è stata nel consiglio comunale di Roma come delegata del sindaco per le
politiche dei Diritti degli Animali: con questa carica promosse, nel 2005, un
regolamento comunale per la tutela degli animali. Iniziando a leggere tale
documento si legge: “Finalmente Roma può fregiarsi a pieno titolo del ruolo di
capitale mondiale di civiltà e di integrazione. […] Questo regolamento rappresenta
[..] un documento di fondamentale importanza nel cammino di civiltà che
contraddistingue i cittadini romani”. Volendo trattenere il sorriso di fronte
ad un incipit così ideologizzato da far ridere più di una barzelletta, si può continuare
nella lettura fino all’articolo 8, comma 6: “E’ vietato separare i cuccioli di
cani e gatti dalla madre prima dei 60 giorni di vita se non per gravi
motivazioni certificate da un medico veterinario”.
La stessa Monica Cirinnà si
batte affinché tale diritto, riconosciuto a quelli che lei chiama ‘cittadini
non umani’, non sia riconosciuto a quegli strani mammiferi che popolano il
mondo, quei primati chiamati sapiens, quella specie alla quale anche lei – che molto
sapiens non si dimostra! – dovrebbe far parte. Ma, si sa: i diritti non sono per tutti!
Nessun commento:
Posta un commento
Il blogger, essendo responsabile penalmente di tutto ciò che viene pubblicato sul suo blog, modererà tutti i commenti, che non saranno pertanto visibili prima della sua approvazione: è richiesta la massima educazione e moderazione nei termini.