Libertà di Parola e Formazione dell'Opinione

5. Storia - Massificazione di inizio '900: opinione pubblica ed opinione di massa

Tra gli anni ’90 dell’800 ed il primo decennio del XX secolo l’economia europea assieme all’economia statunitense e a quella nipponica - oramai pienamente integrata nei mercati internazionali - conosce un nuovo ciclo di forte espansione: l’industrializzazione del XIX secolo aveva rappresentato in molti paesi il passaggio decisivo per la crescita del reddito e degli standard di vita della collettività, comportando così importanti modificazioni della domanda dei consumi. Si ha dunque una forte contrazione della domanda di beni di prima necessità e una crescita esponenziale di quella dei manufatti industriali e dei beni di investimento: il conseguente aumento delle capacità produttive del sistema fu il comune denominatore del processo di modernizzazione che ebbe tempistiche diverse nei diversi paesi a seconda della differente distribuzione delle risorse umane, naturali ed energetiche, e delle condizioni storico-politiche.


La modificazione dell’opinione pubblica, oggetto di studio di questa tesina, è stata la conseguenza di due fenomeni differenti ma strettamente connessi fra loro: il progresso tecnologico e la massificazione della società. A fine ‘800 si poteva dire oramai concluso il processo di massificazione dei più importanti paesi europei, raggiunto attraverso una serie di fenomeni dall’importante risvolto sociale: una scolarizzazione diffusa – logica conseguenza dell’innovativa visione della scuola come servizio pubblico – accompagnata dalla laicizzazione e statalizzazione delle stesse scuole, la diffusione della carta stampata e la nascita dell’industria dell’editoria, la nascita di giornali e riviste, l’affermazione del romanzo d’appendice e del romanzo popolare, la nascita del cinema e l’uso del mezzo radiofonico. Queste innovazioni tecnologiche e sociali sono dunque la causa principale della massificazione della società, ma costituiscono anche il presupposto per una manipolazione delle idee in una misura mai vista in precedenza, carattere imprescindibile di tutti totalitarismi novecenteschi. Il progresso tecnologico aveva consegnato all’uomo del XX secolo tutti i mezzi necessari a tali drastici cambiamenti nella società, gli stessi mezzi utilizzati da regimi più o meno dittatoriali e democrazie più o meno liberali per una comune nazionalizzazione delle masse: l’utilizzo su scala industriale dell’energia elettrica consentì da una parte un decentramento industriale notevole, dall’altra una rapida diffusione di telefono, telegrafo, radio e cinema; inoltre favorì notevolmente l’editoria grazie all’introduzione delle rotative elettriche. Il petrolio inoltre agevolò, grazie alla motorizzazione, i trasporti e gli scambi locali ed internazionali.

Basti considerare che nel 1876 la tiratura dei quotidiani in Francia si aggirava intorno alle 300/400 mila copie, nel 1914 supera gli 8 milioni; nel 1913 la scuola è oramai obbligatoria per tutti i bambini sotto i 10 anni, nel 1914 il tasso di analfabetismo è in alcune zone al di sotto del 10%. Lo Stato quindi non solo diviene promotore sociale, ma diffonde anche, attraverso l’istruzione, contenuti e messaggi patriottici e ideologici che ricordano il senso di appartenenza alla nazione. 
Quello che oggi chiamiamo “opinione pubblica” in realtà precede storicamente l’avvento della società di massa: la massa difatti, data la sua natura a volte passiva, talora inconscia e spesso puramente recettiva, non può esprimere una pubblica opinione tradizionalmente intesa. 
L’opinione pubblica come detto precede storicamente la massificazione della società: essa nasce nel XVIII secolo negli ambienti borghesi di Francia e Inghilterra, che si caratterizzano per il loro carattere prettamente colto ed illuminato, in cui la comunicazione è affidata a pamphlet e pubblicazioni dalla tiratura ridotta; il passaggio all’opinione pubblica avviene grazie al contemporaneo sviluppo della civiltà della tecnica e della società di massa, che consentono provvedimenti come l’abolizione della censura – o quantomeno l’allargamento delle sue maglie, fino ad allora rigidissime – ed a fenomeni sociali quali la circolazione dei giornali ed il diffondersi dei cosiddetti club di stile anglosassone.

La massa novecentesca è invece intesa in primo luogo come la massa di chi non ha una propria opinione e conseguentemente, poiché per avere un’opinione pubblica è necessario che ogni individuo della massa abbia un’opinione, priva di opinione pubblica. La natura dell’opinione pubblica ottocentesca cambia dunque radicalmente, divenendo a tutti gli effetti opinione di massa: tale opinione, a differenza dalla tradizionale opinione pubblica, si impone ai singoli individui come un orientamento generale che viene accolto proprio perché già condiviso. L’opinione di massa dunque non è frutto di alcuna elaborazione sociale prodotta dallo scambio di idee e dal confronto di posizioni: l’opinione di massa è in realtà frutto dell’isolamento e dell’atomismo sociale, dal momento che ogni singolo individuo intrattiene con le fonti di informazione un proprio singolare rapporto, escludendo così il confronto fra gli individui-massa. La totale mancanza della possibilità di discussione sull’opinione di massa, divenuta oramai notizia grazie all’effetto moltiplicativo dei mezzi di comunicazione, ha come conseguenza inevitabile che tale informazione debba essere accolta o rifiutata in toto: si tratta evidentemente di una grossolana semplificazione dell’immagine della realtà, che elimina tutti gli elementi che contribuirebbero sì a complicarla, ma forse anche a renderla più fedele alla realtà.

È diffusa - eppure errata - la convinzione secondo la quale il passaggio dall’uno all’altro tipo di opinione sia esclusivamente di tipo quantitativo: la sola sintetica descrizione appena proposta dell’opinione pubblica chiarifica ed evidenzia le differenza di altro genere. Se difatti l’opinione pubblica si caratterizza per un’argomentazione razionale, l’opinione di massa sfocia facilmente nella demagogia; mentre la prima è organizzata e coesa intorno alla classe media, la seconda si presente disgregata e frammentaria.  Inoltre l’allargamento della base di coloro che contribuiscono alla formazione dell’opinione è stata a lungo poco acutamente elogiata, senza rendersi conto che solo grazie a tale aspetto è stato possibile procedere in Europa alla cosiddetta creazione del potere, sia nei paesi dai regimi dittatoriali (Italia, Germania, URSS, Spagna, Portogallo, Iugoslavia) sia in quelli governati democraticamente.

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