
Tutti i telegiornali a partire da ieri pomeriggio hanno
trasmesso a più non posso le immagini delle manifestazioni “studentesche” che
hanno caratterizzato la giornata di ieri, soffermandosi - chi più, chi meno -
sulla deriva violenta che ha assunto ben presto la protesta, senza alcun senso
di sgomento per l’ennesimo autogol che le proteste di piazza hanno prodotto da
anni a questa parte, proprio come chi si è abituato a vedere le strade delle
proprie città trasformate in un campo di battaglia. Sembra che nessuno ostenti
il minimo stupore, né la minima indignazione per un evento che tutti dicono
aver fatto di tutto per evitare ma che in verità nessuno riteneva evitabile.
Noi non vogliamo fare l’abitudine a certi scempi e per
questo motivo vogliamo dire la nostra sulle ultime manifestazioni, sebbene
siano considerazioni universalmente valide per tutte la stragrande maggioranza
delle manifestazioni degli ultimi anni, proprio perché - non ci stancheremo mai
di dirlo - non vogliamo fare l’abitudine a vergognarci di essere italiani.
Al termine di ogni manifestazione ci riduciamo a contare i
danni, i feriti fra le forze dell’ordine, i fermati, gli arresti: non sarà
forse il caso di pensarci prima ai danni che fanno sistematicamente i cortei e
i feriti che causano gli scontri? Ah giusto, “a non è colpa dei
manifestanti, ma della minoranza dei violenti, che si è infiltrata fra i
pacifici manifestanti” come è stato detto sin troppe volte. E allora non
sarà forse ora di prendere coscienza che ogni manifestazione diventa una
potenziale guerriglia urbana che tutti devono impegnarsi ad evitare, per
esempio controllando scrupolosamente i manifestanti?

Domande retoriche - speriamo -, ma che da troppo tempo
nessuno vuole più porsi, o per motivi ideologici, o per convenienza o -
semplicemente - perché male abituato.